È il colore della Meloni. O meglio, per esser precisi, il nero non è un colore, ma è al contrario l’assenza di qualsiasi colore.
Non esprimendo una tinta ben definita, il nero è quanto di meglio si possa immaginare per favorire ogni sorta di alleanze, indipendentemente dalle diverse posizioni di ciascuno: «viva la NATO» o «viva la Russia» possono tranquillamente convivere, così come mafie e legalità, o anche «più bonus, meno tasse».
Il nero, insomma, è un (non)colore che piace.
A patto che in nero, e non in rosso, siano anche i conti in banca degli adepti. Non necessariamente quelli dello Stato.
BIANCO.
All’opposto del nero, il bianco è la somma di tutti i colori. Anch’esso è quindi particolarmente adatto per tener cucite insieme le più disparate idee e le più contrastanti visioni del mondo.
Non a caso è stato per lungo tempo il colore della Democrazia Cristiana: un partito di massa che sotto il segno della croce riusciva a raccogliere di tutto e di più: santi a caccia di nuvole e peccatori in cerca di perdono. Ecumenicamente concordi e pronti a raccogliersi in angelico semicerchio a Monte Citorio o a Palazzo Madama.
ARCOBALENO.
È il colore della Schlein. Neanche l’iride è propriamente un colore, ma neppure può dirsi la somma di tutti i colori, o la loro negazione. La bandiera arcobaleno rappresenta piuttosto un accostamento fra colori, ora concordanti, talvolta discordanti, ma sempre e comunque nettamente separati e ben distinti tra loro. Immiscelabili, come l’acqua con l’olio,
Pensare di poterli riunire in un solo partito è segno di grande coraggio. O di immensa fede. O di malriposta speranza.
«Mission impossible», esclamerebbe un Americano. Privo com’è, tuttavia, dell’inesauribile ottimistica fantasia degli Italiani.
ROSSO.
Era il colore del buon vecchio PCI: il drappo da agitare sotto gli occhi iniettati di sangue dell’invincibile toro democristiano, che al solo vederlo muggiva e scalpitava.
Ciò nonostante, pur condannato ad un ruolo da eterno comprimario, il PCI trovò sempre il modo di scrivere più di una pagina della non breve Storia politica nazionale.
In chiesa ha sempre comandato Don Camillo, è vero, ma non poche volte Peppone ha trovato il modo di insinuargli qualche dubbio, se non indurlo a una completa conversione. E viceversa.
Una lezione da apprendere, per quelle forze di opposizione che tali in realtà non sono, prive di una visione alternativa del mondo da contrapporre a quella (peraltro confusa e discorde) espressa dalla maggioranza di governo.
VERDE.
È il colore che si porta su tutto, dalla Lega di Bossi fino agli imbrattapopoli pronti a spaccar monumenti pur di salvare il Pianeta. È la bandiera dei nemici di ogni progresso: contrari agli inceneritori e alle centrali elettriche, ma anche alle automobili e agli aeroplani. Per non parlare del processo di integrazione europea, da ostacolare in ogni modo, magari frammentando ulteriormente l’Italia e scaricare sulle Regioni il fastidioso compito di (mal)governare.
E poi tranquillamente dedicarsi ad assai più nobili attività, come bere, mangiare, divertirsi, dormire. Concludendo la serata con un buon mojito tra le mani.
GIALLO.
È il colore dei casseur parigini: i famigerati gilet gialli che, mettendo a ferro e a fuoco le città della Francia, suscitarono l’entusiastica ammirazione di un numero consistente di italici sfaccendati, all’uopo raccolti in quella forza politica ch’ebbero se non altro il buon gusto di chiamare «movimento» e non «partito». Capace di vibrate proteste, incapace di sensate proposte.
Il suo fondatore, un comico sfaccendato, adottò come grido di battaglia l’acronimo di quel giudizio che autorevoli testate espressero su di lui: «Vecchio Anziano Fortunosamente Formatosi Abbrutendosi Nei Cabaret Uccella Lavoratori Operosi».
Nato non per costruire, ma per distruggere, il movimento non ha saputo resistere alla tentazione di distruggere anche se stesso.
Riuscendoci.
AZZURRO.
È il colore del Cielo, dunque della serenità e della bellezza, per quanto talvolta incerto e variabile.
Suggerito al Forzitalico Padre dal suo staff pubblicitario, il colore azzurro è ahimè divenuto ben presto sinonimo di «buzzurro».
Prestandosi a differenti letture, la celeste tonalità è stata poi ripresa da altre formazioni della destra, dagli Italici Fratelli fino ai Lupi moderati e ai Mastelli europei, per esser infine adottata dagli speranzosi Calendari d’Azione.
Non a tutti ha portato fortuna.
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