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Pare brutto

Pare brutto, in Italia, tener chiuso in carcere un criminale macchiatosi di sanguinosi delitti a capo di un’organizzazione eversiva? Pare brutto che non gli sia consentito comunicare con l’esterno per ricevere informazioni e dare ordini agli accoliti? Pare brutto non credere a uno «sciopero della fame» che, dopo cento giorni, vede lo scioperante non serenamente defunto ma anzi in perfetta forma, come testimonia il medico che lo ha visitato in cella?  «È partito da un indice di massa corporea da obeso ed ora stiamo andando verso il sottopeso», ha dichiarato alla stampa il cardiologo.  Se la lingua italiana non è un’opinione, «quasi sottopeso» dovrebbe significare « non ancora sottopeso e certamente non più sovrappeso». Come dire: in perfetto peso forma. E lo «sciopero della fame» – che sempre nella malvagia lingua italiana andrebbe inteso come «astensione dalla fame», non certo dal cibo – si è dunque risolto non in un lento suicidio, ma in un’efficacissima dieta. Guai però a ...

Coppole e cravatte

C’era una volta il padrino. La sua forza consisteva nel dar vita un piccolo Stato là dove lo Stato, quello vero, non c’era.  Riscuoteva denaro tra la popolazione attiva (pizzo anziché tasse), gestiva commerci in regime di monopolio (droga anziché alcol e tabacco, prostituzione in strada anziché case chiuse, gioco d’azzardo anziché Lotto e Totocalcio); assumeva personale (gorilla anziché poliziotti), cercava consenso distribuendo soldi ai più poveri (reddito di manovalanza, anziché di cittadinanza) e amministrava la giustizia (killer spietati anziché giudici).  Garantiva a suo modo un ordine, laddove un ordine non c’era. E tanto bastava a legittimarne l’autorità tra i popolani, in mancanza d’altro.  La cattura dell’ultimo padrino, malandato nel fisico e nostalgico nello spirito, come testimoniano la quantità e la qualità della paccottiglia che ne arredava le ultime dimesse dimore, segna la fine di una criminalità tutto sommato artigianale, non di quella organizzata. Che ne...

Non è stato Nettuno!

Colpa di Nettuno? No: colpa di Mennuni.  Porta la firma di Lavinia Mennuni, senatrice targata FDI, l’emendamento butta-in-caciara che cancella di fatto il termine che l’Italia si era imposta per ottemperare alla direttiva europea (2006/123 CE) sulle concessioni demaniali dello Stato, oggi assegnate per amicizia o simpatia e in breve tempo sconfinate nell’usucapione di fatto. Da sedici lunghi anni l’Unione Europea chiede all’Italia di adeguarsi a quelle basilari regole di democrazia e trasparenza a cui gli Stati dell’Unione sono tenuti nella conduzione del patrimonio pubblico, e dunque alla necessità di assegnare le concessioni di beni e servizi non per legami di parentela, di partito o di mafia, ma – udite udite! – con pubbliche gare d’appalto.  Fra i tanti concessionari, alta si è levata la voce dei cosiddetti «balneari», ossia di coloro che con le più svariate motivazioni occupano da decenni le più attraenti spiagge italiane, traendo profitto non certo dal loro «lavoro» di n...

Carobenzina?

Non è una consolazione saperlo, ma in quel lontano 1970 in cui si sciolsero i Beatles, quando ancora esisteva una differenza tra salario e stipendio e il ceto medio si spostava in Vespa o in Lambretta, i ricchi con la Seicento e i milionari su Lancia o Alfa Romeo, la benzina super costava al litro l’equivalente degli odierni 3,6€. Sette anni prima della comparsa della televisione a colori, il prezzo di un giornale quotidiano era di 70 lire. Oggi è di 1,70€. Come dire che una lira del 1970 non valeva più degli attuali 2,4 centesimi di euro. Un disco 45 giri costava l’equivalente di 19€, e un LP – roba per pochi – la bellezza di 72€. E solo per ascoltare tre canzonette selezionate nel  juke-box occorrevano i 2,4€ di allora: la preziosa moneta in acmonital da cento lire.  Chi è sopravvissuto alla benzina a 3,6€, quando nessuno faceva il pieno ma si limitava ai 5 o 10 litri a botta, per poi magari allungarli col benzolo od altri frutti dell’inventiva giovanile, non si spaventa di...

Nipoti di Mubarak?

Sarà un’ulteriore occasione per misurare il tasso di stupidità dei parlamentari italiani, il prossimo voto di ratifica del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità nato dal fondo monetario istituito nel 2012 da 17 Stati dell’Unione –  e poi esteso a tutti i 19 paesi della zona Euro – per superare le crisi bancarie che tra il 2010 e il 2015 colpirono alcuni Stati membri, e perciò detto «fondo salva-Stati».  Ricorrere agli aiuti del MES è ovviamente una extrema ratio : un po’ come vendersi l’auto o i mobili di casa quando la famiglia è in difficoltà, ma è comunque un bene che il MES ci sia. Come le scialuppe sulla nave o il salvagente sotto il sedile dell’aereo: si spera di non dover mai farne uso ma è tranquillizzante sapere che esistono. E ben cinque Paesi vi hanno fatto finora ricorso: la Grecia (per tre volte), l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna, Cipro.  In quanto meccanismo d’estrema emergenza, l’utilizzazione dei fondi MES è soggetta ad un ferreo controllo da parte de...

Tacchi e stivali

Han gioco facile, giornali e tivù, nel proporci i filmati  vintage della melona di lotta lanciata a cento decibel contro i (precedenti!) governi ladri, che su cinquanta euro di carburante trentacinque se li pappavano fra tasse e accise, contrapposti alle immagini dell’odierna melona di governo, assai più pacata, che difende l’equa scelta di alleggerire le bollette della luce, ineludibili, anziché i prezzi alla pompa, evitabili con l'autobus, a piedi o in bicicletta. Il sentimento del contrario genera il comico, ricordava Pirandello, e il pubblico boccalone abbocca. Schiude le labbra in un mezzo sorriso e ingoia l’esca con tutto l’amo. Beandosi del fatto che «la Storia non ha nascondigli», per dirla con De Gregori, e che «rubano tutti alla stessa maniera». E che la protagonista dei due opposti filmati abbia comunque mentito: se non nel primo, nel secondo. O viceversa. Ora, a parte il rimpianto per quei cinquanta euro (divenuti ormai centosettanta, per un’auto degna del nome), chi l...

Il salumiere e la fatina

Mai traversata fu più estenuante, per un piddì in precario equilibrio sulla sottilissima corda malamente sorretta dai candidati leader che ne stanno agli estremi.  Da un capo regge la fune il salumiere emiliano, intento a macinare pezzi informi di partito nell’inane tentativo di insaccarli, pur sapendo che dopo breve stagionatura non mancherà chi si adopererà per affettarli.  Dall’altro la sorridente fatina che con la bacchetta spande nell’aria una luccicante scia di stelline. Cinque. Per l’esattezza.  Un arguto democristiano d’epoca ha guareschianamente definito il primo come il «Peppone del Terzo Millennio»: non solo per la stazza, quanto per l’attitudine a ordire scherzi da prete capaci di stupire gli stessi preti. E c’è chi vede nella seconda la giovane condottiera pronta a guidare il piddì verso una resa dei conti che troppi intendono come una «resa al Conte», con conseguente spargimento nel cielo (stellato) delle ultime ceneri del defunto partito.  L’astuto sal...