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Nipoti di Mubarak?

Sarà un’ulteriore occasione per misurare il tasso di stupidità dei parlamentari italiani, il prossimo voto di ratifica del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità nato dal fondo monetario istituito nel 2012 da 17 Stati dell’Unione –  e poi esteso a tutti i 19 paesi della zona Euro – per superare le crisi bancarie che tra il 2010 e il 2015 colpirono alcuni Stati membri, e perciò detto «fondo salva-Stati».  Ricorrere agli aiuti del MES è ovviamente una extrema ratio : un po’ come vendersi l’auto o i mobili di casa quando la famiglia è in difficoltà, ma è comunque un bene che il MES ci sia. Come le scialuppe sulla nave o il salvagente sotto il sedile dell’aereo: si spera di non dover mai farne uso ma è tranquillizzante sapere che esistono. E ben cinque Paesi vi hanno fatto finora ricorso: la Grecia (per tre volte), l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna, Cipro.  In quanto meccanismo d’estrema emergenza, l’utilizzazione dei fondi MES è soggetta ad un ferreo controllo da parte de...

Tacchi e stivali

Han gioco facile, giornali e tivù, nel proporci i filmati  vintage della melona di lotta lanciata a cento decibel contro i (precedenti!) governi ladri, che su cinquanta euro di carburante trentacinque se li pappavano fra tasse e accise, contrapposti alle immagini dell’odierna melona di governo, assai più pacata, che difende l’equa scelta di alleggerire le bollette della luce, ineludibili, anziché i prezzi alla pompa, evitabili con l'autobus, a piedi o in bicicletta. Il sentimento del contrario genera il comico, ricordava Pirandello, e il pubblico boccalone abbocca. Schiude le labbra in un mezzo sorriso e ingoia l’esca con tutto l’amo. Beandosi del fatto che «la Storia non ha nascondigli», per dirla con De Gregori, e che «rubano tutti alla stessa maniera». E che la protagonista dei due opposti filmati abbia comunque mentito: se non nel primo, nel secondo. O viceversa. Ora, a parte il rimpianto per quei cinquanta euro (divenuti ormai centosettanta, per un’auto degna del nome), chi l...

Il salumiere e la fatina

Mai traversata fu più estenuante, per un piddì in precario equilibrio sulla sottilissima corda malamente sorretta dai candidati leader che ne stanno agli estremi.  Da un capo regge la fune il salumiere emiliano, intento a macinare pezzi informi di partito nell’inane tentativo di insaccarli, pur sapendo che dopo breve stagionatura non mancherà chi si adopererà per affettarli.  Dall’altro la sorridente fatina che con la bacchetta spande nell’aria una luccicante scia di stelline. Cinque. Per l’esattezza.  Un arguto democristiano d’epoca ha guareschianamente definito il primo come il «Peppone del Terzo Millennio»: non solo per la stazza, quanto per l’attitudine a ordire scherzi da prete capaci di stupire gli stessi preti. E c’è chi vede nella seconda la giovane condottiera pronta a guidare il piddì verso una resa dei conti che troppi intendono come una «resa al Conte», con conseguente spargimento nel cielo (stellato) delle ultime ceneri del defunto partito.  L’astuto sal...

Chi rompe, paga?

Può una banda di scalmanati armati di bombole di vernice presentarsi davanti al Senato della Repubblica Italiana e imbrattarne impunemente le mura esterne ed i preziosi infissi? La risposta è sì. E chi ha prematuramente applaudito la nascita del nuovo governo, confidando in una nuova stagione di ordine, legalità e sicurezza, se non addirittura di treni in orario, ha oggi più d’un motivo per ricredersi. Il cane abbaia, ma si guarda bene dal mordere. E l’assalto alla prima camera del Parlamento, crimine di massima gravità, resta di fatto impunito. Poco più che una ragazzata. Oltre ciò, come usa nella terra dei Guelfi e dei Ghibellini, alle flebili voci di condanna si son tosto accodati gli strepiti di chi quell’ignobile gesto invece lo difende. In nome di una «libertà di espressione» in virtù della quale non solo i cinghiali hanno diritto di razzolare nelle piazze cittadine, ma le tigri di sbranare e i lupi di depredare. E per meglio difendere l’«ambiente» è giusto umiliare la cultura, a...

Progredire

Anche l’asino, quando raglia, una nota musicale involontariamente la emette. Una sola, s’intende: cosa che differenzia l’asino da Beethoven. Ma pur sempre una nota. Allo stesso modo anche Salvini, quando dà fiato alla bocca, è possibile che esprima a sua insaputa un’idea in qualche misura condivisibile. Una sola, s’intende. Una per decennio. Ma pur sempre un'idea. È per questo che quassù si guarda con interesse alla proposta di portare a termine la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, in gran parte già progettato.  — È un’opera inutile! — sbraitano gli autoetichettatisi «progressisti», fautori in realtà di infinite decrescite infelici, mentre sventolano i loro rapporti costi-benefici. Quasi che un sogno lo si potesse misurare con metro e bilancia, alla maniera dei mercanti, e non da sognatori e visionari: soli ed unici artefici di ogni vero progresso.    Ignorano, i poveretti, che nulla è più utile delle opere inutili.  Cosa sarebbero Parigi senza la Tour,...

Can che abbaia...

S’era presentato come ministro del Merito, si è rivelato il ministro dell’Avrebbe Meritato.  Avrebbe meritato un lungo applauso, se davvero fosse riuscito a eradicare il telefonino dai banchi della nostra scuola pubblica, dove l'attrezzo raccoglie assai più attenzione del professore in cattedra.  Ma così non è stato. Il meritevole immeritorio ha ceduto anch’egli all’italica ipocrisia della minaccia a mano disarmata, dell’obbligatorio ma non troppo, del semaforo quasi rosso o quasi verde, purché mai veramente rosso, mai veramente verde.  Ci aveva già provato nel 2007 un non illustre predecessore, con una direttiva ministeriale che lisciava il pelo agli scolari, strizzava l’occhio ai genitori e scaricava ogni iniziativa sui presidi, finendo col mazzolare unicamente i docenti: soli destinatari di un perentorio divieto all’uso del telefonino, esplicitamente inserito nel contratto nazionale di lavoro.  Quindici anni dopo, una circolare ministeriale sedicente «nuova» di un...

La pacchia

Fra le molte promesse tradite dal nuovo governo che tanto nuovo non è, la prima ad affondare tra le fameliche fauci dei neoappoltronati è stata quella «fine della pacchia» prematuramente annunciata, con strilla a salve, dalla neopresidenta Meloni: ortaggio e ostaggio della  vorace malapolitica che le brulica intorno.  La pacchia, in realtà, è appena iniziata. Per alcuni. Ce lo conferma la neoministra agli Affari Propri, quando auspica l’occupazione di quei pochi metri di demanio marittimo ancora liberamente accessibili: sottraendoli a quelli che in tempi non sospetti venivano chiamati «bagnanti» ma che la ripulitrice di spiagge chiama oggi «tossicodipendenti», a dispetto dei quintali di coca che animano le giornate di chi invece frequenta certi pretenziosi stabilimenti balneari . Il dichiarato intento è quello di salvaguardare l’«italianità degli spaghetti con le cozze in riva al mare», assediati dalle «multinazionali» desiderose di spacciare invece birre e panini. Quasi che g...