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Daje a l'Europa!

Quei commentatori che tanto amano riempirsi la bocca di Terza Guerra Mondiale, sia in versione Lego («a pezzi») che in versione automobilistica ( full optional : tutto incluso), mostrano di non aver del tutto afferrato la vera natura del conflitto in atto.  Tanto la Grande Guerra (colonialista) che la Seconda (imperialista), furono entrambe figlie di un’Età Industriale allora in crescita esponenziale, volte l’una ad assicurare alla propria nazione le materie prime, l’altra ad esercitare un diretto controllo sui mercati di consumo. Tanto i vecchi imperi che, più tardi, i nuovi, erano di fatto in corsa per un medesimo trofeo: eliminare quei soli limiti (approvvigionamento e vendite) che impedivano al nuovo modello produttivo industriale di raggiungere le massime vette. Oggi, con una popolazione mondiale ottuplicata, in un Occidente disorientato e spopolato dove per vivere è sufficiente un unico braccio (quello che regge il telefonino), con una Cina infastidita dalle prime avvisaglie ...
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Controdisarmo

La parola «riarmo» non piace? Bene. Chiamatelo «controdisarmo», allora. Una nuova pagina di Storia, a tutto vantaggio della Germania e dell’Italia, che cancella con un tratto di penna quel «disarmo» imposto alla Germania (totale), all’Italia (parziale), all’Ungheria, alla Romania, alla Bulgaria, alla Finlandia dai Trattati di Parigi del 10 Febbraio 1947: il patto di resa con cui i Paesi alleati, trionfatori dell’ultima guerra mondiale, spezzarono le unghie al nemico sconfitto. Né più né meno il medesimo trattamento che un mondo alfabetizzato dovrebbe riservare oggi all’aggressore russo.  Con quegli accordi, l’Italia non soltanto fu obbligata a restituire i territori militarmente conquistati in Francia, Jugoslavia, Grecia, ma dovette aggiungerne di propri, annessi alla Francia, alla Jugoslavia, all’Albania, alla Grecia, alla Cina (Tientsin), alla Gran Bretagna (colonie d’Africa). Al medesimo trattamento dovettero sottostare Ungheria, Romania, Bulgaria e Finlandia, indebitandosi anch...

Molto rumore per nulla

Niente come una limousine di trenta metri che arranca faticosamente lungo le strade d’America può meglio incarnare l’insulsa quanto inutile brama di grandezza pervicacemente inseguita dal solitario neurone che abusivamente alloggia nell’altrimenti deserta capoccia di Donald Trump. Un’auto (?) buona per tutto: dai parties alle avventure galanti. Per tutto, tranne che per ciò che una vera automobile dovrebbe innanzitutto saper fare: spostarsi con agilità e sveltezza da un luogo all’altro, su ogni tipo di strada. I ventisette staterelli, repubbliche e regni della vecchia Europa potranno forse essere, agli occhi del Pannocchia, poco più che scompagnati maialini, privi come sono di una casa comune e di un mandriano che li guidi. Ma vivon forse meglio quei cinquanta Stati americani costipati all’interno di una sola vettura troppo lunga e troppo stretta, con una sola persona al volante? Abile e capace conducente, quando va bene. Stupido ed inetto quando (come stavolta) va male? Tanta esager...

Guardarsi allo specchio

Che sia infine giunto, anche per gli Italiani, il momento di guardarsi allo specchio e darsi un voto in pagella?  I sessanta milioni di abitanti che popolano questa luminosa lingua di terra, protesa tra due mari dalle Alpi al Sahara, non possono esser tutti copie conformi di quell’infilata di cacasottisti che ora dopo ora  s’affaccia oltre lo schermo televisivo, tra volti illuminati dal rublo ed altri rinvigoriti dal dollaro, animati da un vile quanto immotivato rancore verso quell’Europa che li mantiene in vita pur se indebitati fino al collo, forse astutamente determinati a disonorare l’impegno per stringerne di nuovi con altri: trafficanti di idee che nei giorni pari trovi in piazza inneggiando al terrorismo stragista e, in quelli dispari, sempre sulla medesima piazza, a portar santi in processione per invocare «pace» e «dialogo», guardandosi bene dallo specificare dove, come, tra chi, con chi e perché. Sono davvero questi gli eredi della grandezza di Roma? Delle beltà del ...

Double-face

Quando di un essere dai tratti apparentemente umani si è soliti dire che possiede un volto più simile ad altre più basse e diversamente orientate parti del corpo, tanto più nascoste quanto più cagnescamente egli ostenta il grugno, si intende sottolineare come la vera sostanza di quel viso non sia quella che appare ritratta sul passaporto o sulla patente, ma quell’altra: priva di occhi e verticalmente spaccata in due, ornata di un orifizio innocuo quanto può esserlo una bocca priva di denti e tuttavia maleodorante quanto quelle poche note che è in grado di emettere, tanto da aver convinto il naso a fuggirsene altrove.  Elucubrazioni anatomiche, queste nostre, che nascono dalle prime pagine dei giornali, dai quali ci è dato apprendere che il Grande Dittatore d’Oltratlantico, quel medesimo che auspica (e si adopera per) un’ancor maggiore frammentazione di quel continente europeo che (politicamente) unito non lo è mai stato, ha testé firmato un ordine esecutivo che sottrae agli Stati (...

Un pallone a tre spicchi

Due dei tre capicosca, Trump e Putin, hanno da tempo calato le carte. Il terzo, Xi Jinping, siede silenzioso sulla riva del fiume, in attesa anch’egli della promessa fetta di torta.  È una notizia?  No. Non lo è.  Lo sarebbe stata prima dell’intervento di James David Vance alla Conferenza di Monaco di Baviera, dieci mesi or sono: esplicita dichiarazione di guerra all’intera Europa. Continentale e non. Ne scrivemmo dettagliatamente allora ( «Sotto assedio» ): «Il piano di Trump e Putin di spartirsi il mondo in una partita a due si scontra con la realtà di un gioco ormai diventato a tre [...] Gli USA, ridimensionando l’Europa da prezioso alleato a bottino di guerra, si inchinano a baciar la pantofola al nullafacente Vladimir Putin pensando di poter in tal modo isolare Xi Jinping, che ne ricava invece mano libera nel Pacifico [...] In uno scenario che pare velocemente scivolare verso una lunga stagione di guerre, l’Unione Europea non ha che una sola possibile via di salvezza...

Per un pugno di dollari

Nel leggere le sconsiderate rimostranze del Trombone di Washington nei confronti dell’Unione Europea, alla quale sostanzialmente contesta l’impotenza che deriva dall’essere un club di nazioni e non un Paese unito (proponendo tuttavia, quale interessata cura, quella di frammentarla ulteriormente) sembra d’esser tornati ai trascorsi anni Sessanta, quando motivo di reciproco sconcerto non fu un arbitrario tentativo di spartizione del mondo, ma una differente lettura dell’epopea americana nella versione proposta al pubblico dal cosiddetto «western all’italiana».  Un ribaltamento della rude e spartana immagine del mandriano armato (altrimenti detto cowboy ) che ha visto l’italico sberleffo prendere il sopravvento sulla pistola, finendo con l’innovare un genere altrimenti destinato (il western, non ancora l’Europa) all’estinzione.  In principio fu «Per un pugno di dollari», 1964, che – a ben guardare – di italiano aveva assai poco. Il soggetto non era che la riambientazione western ...