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Double-face

Quando di un essere dai tratti apparentemente umani si è soliti dire che possiede un volto più simile ad altre più basse e diversamente orientate parti del corpo, tanto più nascoste quanto più cagnescamente egli ostenta il grugno, si intende sottolineare come la vera sostanza di quel viso non sia quella che appare ritratta sul passaporto o sulla patente, ma quell’altra: priva di occhi e verticalmente spaccata in due, ornata di un orifizio innocuo quanto può esserlo una bocca priva di denti e tuttavia maleodorante quanto quelle poche note che è in grado di emettere, tanto da aver convinto il naso a fuggirsene altrove.  Elucubrazioni anatomiche, queste nostre, che nascono dalle prime pagine dei giornali, dai quali ci è dato apprendere che il Grande Dittatore d’Oltratlantico, quel medesimo che auspica (e si adopera per) un’ancor maggiore frammentazione di quel continente europeo che (politicamente) unito non lo è mai stato, ha testé firmato un ordine esecutivo che sottrae agli Stati (...
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Un pallone a tre spicchi

Due dei tre capicosca, Trump e Putin, hanno da tempo calato le carte. Il terzo, Xi Jinping, siede silenzioso sulla riva del fiume, in attesa anch’egli della promessa fetta di torta.  È una notizia?  No. Non lo è.  Lo sarebbe stata prima dell’intervento di James David Vance alla Conferenza di Monaco di Baviera, dieci mesi or sono: esplicita dichiarazione di guerra all’intera Europa. Continentale e non. Ne scrivemmo dettagliatamente allora ( «Sotto assedio» ): «Il piano di Trump e Putin di spartirsi il mondo in una partita a due si scontra con la realtà di un gioco ormai diventato a tre [...] Gli USA, ridimensionando l’Europa da prezioso alleato a bottino di guerra, si inchinano a baciar la pantofola al nullafacente Vladimir Putin pensando di poter in tal modo isolare Xi Jinping, che ne ricava invece mano libera nel Pacifico [...] In uno scenario che pare velocemente scivolare verso una lunga stagione di guerre, l’Unione Europea non ha che una sola possibile via di salvezza...

Per un pugno di dollari

Nel leggere le sconsiderate rimostranze del Trombone di Washington nei confronti dell’Unione Europea, alla quale sostanzialmente contesta l’impotenza che deriva dall’essere un club di nazioni e non un Paese unito (proponendo tuttavia, quale interessata cura, quella di frammentarla ulteriormente) sembra d’esser tornati ai trascorsi anni Sessanta, quando motivo di reciproco sconcerto non fu un arbitrario tentativo di spartizione del mondo, ma una differente lettura dell’epopea americana nella versione proposta al pubblico dal cosiddetto «western all’italiana».  Un ribaltamento della rude e spartana immagine del mandriano armato (altrimenti detto cowboy ) che ha visto l’italico sberleffo prendere il sopravvento sulla pistola, finendo con l’innovare un genere altrimenti destinato (il western, non ancora l’Europa) all’estinzione.  In principio fu «Per un pugno di dollari», 1964, che – a ben guardare – di italiano aveva assai poco. Il soggetto non era che la riambientazione western ...

Una casa per l’Europa

Non basta che un uomo e una donna si incontrino, per metter su famiglia. Così come non basta introdurre un foglio dentro una busta per farne una lettera. Una lettera, dopo esser stata ben chiusa, necessita di un indirizzo preciso, di qualche soldo per il francobollo, di un timbro che ne certifichi la regolarità.   Vale per le lettere, vale per gli individui, vale per gli Stati.  Chi rimescola in bocca la parola «Europa» riferendola ora all’Unione Europea, ora all’Eurozona, ora all’Area Schengen, ora ad un inesistente Stato o governo europeo, e pretende che quella denominazione possa incarnare, alla vigilia di una lunga stagione di guerre, un comune ideale, una comune unità d’intenti, una comune strategia d’azione, un comune potere, magari sotto l’accorta guida di un governo comunitario (che non esiste), parla di cose molto distanti dalla verità.  Così come fuori dal matrimonio un uomo e una donna non possono definirsi «famiglia», ma tutt’al più una coppia, un gruppo di na...

Centenari

Saranno esattamente cent’anni, il prossimo 24 Dicembre 2025, dall’entrata in vigore della prima tra le cosiddette «leggi fascistissime» (R.D.L. 2263/1925), con la quale il Parlamento cedeva definitivamente ogni potere al Governo, mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri assumeva il titolo (ancor oggi impunemente usurpato, non meno che quello di « premier ») di «Capo del Governo».  Seguì una lunga serie di nuove disposizioni e leggi ancor più fascistissime, come la possibilità regalata al Capo del Governo di decretare provvedimenti esecutivi (a sua discrezione) d’urgenza, il diritto di scegliere e nominare dei «podestà» in luogo dei sindaci elettivi, di limitare la libertà di associazione e di stampa… In quel lontano Natale 1925, in quella puzzolentissima stalla dove non difettavano certo asini e buoi, circondati dai loro stessi escrementi, acclamato non dalle bianche lane dei pastori ma da saccheggiatori e assassini in camicia nera, non stava nascendo il Bambin Gesù, ma il F...

Il materasso

Spenti i riflettori sulle elezioni regionali in Puglia, Veneto e Campania, dove ogni aspettativa è stata confermata e tutti sostengono d’aver vinto (unico perdente Crozza, che con Zaia e De Luca s’è visto sfilare trenta minuti buoni di televisione) il dibattito si è ancora una volta focalizzato sulla scarsa affluenza alle urne: 41% in Puglia; 44,6% il Veneto; 44,1% in Campania. Per di più in occasione di elezioni locali, con protagonisti localmente conosciuti e ricadute immediate sulla qualità dell’amministrazione locale: due elementi che, in via teorica, non possono che accrescere l’interesse dell’elettore ad esprimere una propria preferenza.  Il vero vincitore, con la maggioranza assoluta dei voti, è stato anche stavolta il materasso di casa. Dimostratosi più attrattivo, e non di poco, della stretta cabina elettorale. Il solo candidato, fra i tanti in corsa, rivelatosi in grado di mantenere tutto ciò che promette.   E se motivo di tanto disinteresse per l’urna stesse proprio...

Il più antico mestiere del mondo

Fermi tutti! Non è quello! Non alzate il ditino nell’urgenza di cacciar fuori quel falso pensiero tanto mendacemente impressovi nel cervello e mai così lesto ad evadere dalla punta della lingua. Non è quel che vi han fatto credere. La più antica professione del mondo è indubbiamente quella del giornalista.  Perché già prima (assai prima) che da un’inutile costola di Adamo nascesse la dolce persona di Eva, futuro bersaglio di tanti tristi maschili epiteti, già c’era qualcuno che osservava, annotava e trascriveva ogni minimo dettaglio. In quel diario del mondo, numero unico, oggi raccolto sotto il nome di Bibbia.   Tracce di questa ancestrale origine è facile trovarle in molti fra coloro che si si sforzano di perpetuare ai giorni nostri quell’antico mestiere. Sopravvissuto tanto alla distruzione del Tempio (l’edicola) che alla francobollizzazione del prodotto, progressivamente contrattosi dallo storico formato lenzuolo al più modesto fazzolettino, passando per il tovagliolo, fin...