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Esame di «furbità»

L’ultima trovata di chi nulla ha da dire, ma senza dir nulla rastrella followers sui social , è quella dell’«esame di nullità». O meglio sarebbe: di «furbità».  Funziona così: dopo aver misurato col bilancino i crediti raccolti nel corso di studi, sommati al voto conseguito nelle prove scritte, il candidato all’esame (una volta) di maturità, ne contesta la stessa ragion d’essere, atteggiandosi a novello Robin Hood quando in realtà non è che il Principe dei Vigliacchi. Perché sa che, comunque vada, incasserà comunque l’agognato diploma, con in più la ciliegina di qualche rigo sui giornali. Blog inclusi! E tanto gli basterà per indossar l’armatura di un intrepido raddrizzatorti della scuola italiana del Terzo Millennio.  Non è così.  Il coraggio lo dimostra quel trapezista che esegue i difficili esercizi senza alcuna rete di protezione. Chi compie le medesime prodezze, ma con la rete ben tesa sotto le chiappe, non mostra alcun apprezzabile coraggio, ma giusto una particol...
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Morti di fame?

Un Paese di morti di fame. Questa è l’Italia che amano raccontare politici e partiti (tutti), pronti a volgere a loro vantaggio l’insoddisfazione di chi già molto ha, ma che ancor più vorrebbe.  Cinquantotto milioni di indigenti impossibilitati mettere insieme il pranzo con la cena. A chi obietta che il 74% degli Italiani vive in un’abitazione di proprietà ( Confedilizia , 2024), o che il 90% dei 45 milioni di adulti in età da patente è proprietario di un’auto, il politico atteggiato a benefattore del popolo risponde inventandosi nuove fantasiose etichette sociali: forse non esistono più i «poveri» (definizione palesemente inopportuna quanto indifendibile), ma ci sono pur sempre i «nuovi poveri», gli «svantaggiati», gli «emarginati», i «relativamente poveri»...  Fino al forzato ossimoro dei «meno abbienti»: abbienti e possidenti, certo. Ma che potrebbero avere di più! Se i poveri, in quell’immediato dopoguerra quando ancora ce ne stavano a pacchi, era facile comprarseli con un...

Governo e buongoverno

Non è una questione di soldi: è una questione di uomini: i grandi uomini fanno grandi cose, i piccoli uomini fanno piccole cose.  È sempre stato così. E non perché i piccoli uomini non ambiscano edificare ardite opere o firmare storici trattati, ma giusto perché non ne sono capaci.   Mai come di questi tempi, i piccoli, i piccolissimi e i microscopici uomini sembrano aver occupato i più alti scranni del potere, persino in quei pochi illuminati Paesi che avevano sin qui guidato il mondo.  Individuarli non è difficile: è sufficiente osservarne l’opera.  Il cattivo pasticcere lo scopri assaggiandone i biscotti, il cattivo governante misurandone gli effetti del malgoverno. Per scoprire che accanto ad un’Argentina straziata dal motopippa in basette, ai milioni di Russi depredati e affamati da un dittatore sanguinario, agli interi popoli incatenati dalle teocrazie del terrore, si aggiungono i cinquanta Stati nordamericani finiti sotto il tallone di un presidente inetto, co...

Quando la Storia mette il turbo

Un inatteso Walter Veltroni, felicemente sopravvissuto alla politica e restituito alla specie umana, celebra sulla prima pagina del Corriere della Sera la definitiva scomparsa della Serietà.  Il diffuso terrapiattismo che da tempo appiattisce il web s’è insediato persino alla Casa Bianca, e da lì, un po’ per timore, un po’ per china devozione, un po’ per insanabile ignoranza, va tracimando ovunque per il mondo. Incurante della scia di morte e distruzione che, inevitabilmente, pur senza accorgersene lascia dietro di sé.  Ci sono scelte che richiedono serietà, ed una di queste è come procedere al riarmo dell’Europa. Non «se», ma «come».  Perché ogni persona dabbene è cosciente del fatto che il rafforzamento della difesa europea non è soltanto un’urgente necessità ma anche una straordinaria opportunità. Non una «scelta», ma un vantaggioso dovere.  È una necessità perché tutti i Paesi europei son stati apertamente minacciati di invasione e distruzione. Tanto dagli Stat...

E le sabbie stanno a guardare...

Nato in terra d’Israele da padre americano (Donald Trump) e madre arabo-saudita (Mohammad Bin Salman), l’attacco al malguidato Iran di Alī Ḥoseynī Khāmeneī è un insidioso sentiero obbligato tra le pareti di un canyon non dissimile dai tanti che la Storia ama sparpagliare lungo i secoli.  Chiunque può intravederne i pericoli, nessuno può ignorare la stringente necessità di attraversarlo. Al più breve e con il minor danno possibile.  Se Satana mostra di preferire la bomba all’idrogeno al biblico forcone, il dovere dei buoni è quello di fermarlo, scontrandosi con quei malvagi intenti invece a proteggerlo. Visto dall’Italia, l’Iran non è che un Paese produttore di petrolio – risorsa destinata prima o poi ad esaurirsi – dove un manipolo di terroristi armati scalzò a suo tempo dal trono lo scià di Persia (1979) per poi spartirsi tra compari il ricco bottino, innestando in tutto il Paese una possente marcia indietro in direzione dell’alto medioevo. Come in ogni dittatura armata, anc...

Tanto abbiare, poco mordere

Il format dell’ultimo decreto sicurezza dello scorso 4 Maggio (D.L. 48/2025), varato dal Governo calpestando le teste (avendocene) di un Parlamento a cui è ancora concesso parlare ma non legiferare, è quello del famigerato decreto rave : ci si inventa un nemico che non c’è – meglio se con un bel nome straniero – e quindi, anziché combatterlo con le leggi che da tempo esistono (occupazione di suolo pubblico, invasione di proprietà privata, rumori molesti, mancato rispetto delle norme di sicurezza, spaccio di stupefacenti, commercio abusivo...) ci si inventa una norma punitiva specifica. Tanto altisonante quanto di fatto inapplicabile. Anche perché, se realmente esistesse una qualche volontà di applicare la legge, quel compito spetterebbe al potere esecutivo (il Governo), che però se ne guarda bene, impegnato com’è ad annacquare o a cancellare quelle altre norme che già esistono ma disturbano mafie, ladri, spie, profittatori, evasori.  Come già accadde per il rave , molte delle moti...

Tu «quorum», fili mi!

Si chiama referendum , ma non è un re. Non può scrivere nuove leggi scavalcando il Parlamento, prima espressione della sovranità popolare. Può solo cancellarle. Ma per far ciò è giusto che a decidere sia una maggioranza altrettanto rappresentativa di quella che tali leggi ha deliberato.  È giusto, pertanto, che esista un quorum . E che sia percentualmente fissato nella maggioranza degli aventi diritto.  Quel che stupisce, a pochi giorni dalla consultazione referendaria del 9 Giugno, è che materia del contendere non è a tutt’oggi l’opportunità di contraddire o meno l’operato dei precedenti Parlamenti, depennando dai codici cinque delle normative attualmente vigenti, ma l’opportunità o meno che un quorum esista, e che esista nella misura determinata dalla Costituzione.  Da una parte come dall’altra, mai come in questa occasione emerge l’infima qualità della classe politica generata dai ripetuti rosatellum .  I favorevoli al mantenimento delle leggi tentano di piegarne...