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Amici e nemici

Mentre i vari pezzi vanno rapidamente posizionandosi sulla scacchiera, in vista dello scontro finale, colpisce la non inedita alleanza dei più forti contro i più deboli. 

Da un lato si va delineando la triade Trump, Putin, Xi-Jinping (tre dita su tre pulsanti nucleari, impossibili da premere ma più che sufficienti per impaurire il mondo), dall’altro i loro nemici: quelli (almeno) non ancora vendutisi al vincitore. 

Quel che accomuna i tre nemici è l’innata vigliaccheria, insieme all’avidità e alla sete di sangue. Lupo non mangia lupo: preferisce l’agnello, meglio ancora se piccolo e incapace di reggersi in piedi, ed attacca in branco. 

Quel che accomuna gli agnelli è invece il desiderio di vivere in pace, insieme alla naturale debolezza, privi come sono di corna, di zanne o di artigli, e persino di qualcosa che possa anche lontanamente somigliare ad un debole ruggito. 

Individuato e definito lo scompigliato terzetto dei lupi, non resta che metter su carta la lista dei minacciati agnelli. 

Al primo posto vi è certamente la martoriata Ucraina, capace di resistere per tre anni all’aggressione di un lupo ventotto volte più grande ed armato fino ai denti, ma non certo di tre lupi che insieme decidano di sbranarsela. 

Al secondo posto sta l’Unione Europea: unione, e non Stato, dunque priva di qualsiasi potere: legislativo, esecutivo, giudiziario e – ovviamente – militare. E non solo perché priva di moderni armamenti (i trattati del 1947 vietano all’Italia di possedere missili e difese costiere, e alla Germania di armare un’aviazione e una marina, fatte salve le limitate deroghe per consentirne l’integrazione NATO, mentre la Brexit ha sottratto all’Unione metà della sua forza nucleare, oltre l’ampia rete di basi navali britanniche), ma anche perché non esiste (non può esistere) una linea di comando europea che coordini i ventisette eserciti, e tantomeno una politica estera in grado di indirizzarli. 

Al terzo ci stanno i Paesi Emergenti: quei BRICS che Russia e Cina si contendevano fino a ieri, ma che adesso ritengono assai più comodo spartirsi. Anche perché quegli «emergenti» sono ormai ben più che emersi. In India, oltre ai marchi nazionali. si fabbricano Jeep, Citroën, Suzuki, Jaguar, Land Rover, Volvo, Skoda, Volkswagen, BMW, Ford..., per non parlare dei ricchi comparti tessili ed agricoli. In Messico si produce un’auto su nove di tutte quelle immatricolate in USA, e da cinque secoli le miniere un tempo spagnole estraggono oro, argento ed altri minerali preziosi. 

Infine c’è l’Africa: sogno proibito di Elon Musk, che vorrebbe azzerarne le presenze autoctone per farne un continente di razza bianca: personale vendetta di quei soprusi subiti nel corso della sua ricca infanzia a Pretoria, in tempi di rigorosa apartheid. Un pianeta Marte sul suolo terrestre da ripopolare e sfruttare. Possibile scenario di un confronto bellico nucleare. 

Nell’elenco dei teneri ovini manca (non casualmente) la Gran Bretagna. Troppo educata e placida per esser considerata lupo, troppo potente per guadagnarsi un posto nel menù a base di agnello. 

La Gran Bretagna ha una forza nucleare e una presenza sui mari resa possibile dai numerosi dominii e dai reami d’oltremare, dal Canada all’Oceania, riuniti sotto una medesima Corona nel Commonwealth of Nations. Non ha alcuna particolare simpatia per gli USA, combattuti nel corso della Guerra di Indipendenza Americana (1775-83); nessuna per la Russia; pochissima per la Cina, secolare avversaria sui mari, affrontata nelle due Guerre dell’Oppio (1839-42 e 1856-60). 

Preda difficile, il Regno Unito, per la vile bramosia dei lupi, limitatisi per il momento a rivolgere un debole ululato in direzione del reame britannico del Canada, che ha prontamente risposto con una sonora pernacchia. 

Nel dubbio, i tre lupi tacciono. Meglio dedicarsi ai più teneri agnelli, cominciando da quello apparentemente più debole, sebbene ancora in vita dopo tre anni di azzannamenti ed assalti. 

Poi toccherà al secondo in lista. Se non troverà il coraggio – o meglio: il buon senso – di farsi finalmente Stato. Senza dover per questo rincorrere l’accordo di tutti i ventisette membri dell’Unione (neppure l’Eurozona c’è riuscita, e neanche l’Area Schengen) ma, inizialmente, federandosi con chi ci sta. Con al centro la Francia (unico Paese armato rimasto nell’Unione), ed accanto almeno quei Paesi che si affacciano sul mare (Italia, Spagna, Polonia, Lituania, Lettonia, Germania, Olanda, Danimarca, Grecia). Ed un (vero) possente alleato che non potrà esser altri che la Gran Bretagna. 

Una squadra di agnelli pentiti, diventati leoncino, che potrebbe un domani attrarre a sé altri Stati oggi apertamente minacciati dai tre lupi: cominciando dal Messico fino a quei Paesi africani non ancora asserviti. 

Questo è per l’Europa il solo possibile (ed auspicabile) domani. 

L’oggi lo stiamo già stiamo leggendo, col dovuto orrore, sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo.    

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