Una colpa non può che essere di qualcun altro. Perché ogni colpa è la conseguenza di un’azione errata, e l’agire (nel bene o nel male) non compete a un ministro. Mai giunse notizia di ministri aggirarsi nottetempo a piantar chiodi tra i binari ferroviari, o sedersi alla guida per far deragliare un convoglio.
Ma una cosa è la colpa, un’altra è la responsabilità.
Se in hotel la stanza è sporca, la colpa è certamente della cameriera svogliata o incapace che ha trascurato di pulirla. Ma la responsabilità è sempre del direttore dell’albergo. E non perché qualcuno gliel’abbia appioppata di nascosto, ma perché egli stesso ha scelto di assumerla accettando l’incarico. Ed è a lui (non alla cameriera) che elevo la mia più o meno vibrata protesta. Ed è a lui che presento il conto di ogni eventuale danno. Perché sua è ogni responsabilità. Spetta al direttore, non ad altri, selezionare il personale, controllarne e valutarne l’operato, sanzionare le eventuali colpe e, quando il caso, sostituirlo o licenziarlo
Scaricare le responsabilità su altri, meglio se più deboli e indifesi, è l’atteggiamento proprio dei bambini maleducati, più che di un ministro.
A chi non è capitato di combinarne qualcuna in casa? Di lasciar cader per terra un vaso o di pasticciare un muro? E poi puntare il dito contro il gatto, o il fratellino minore (in assenza di gatti)?
Comprensibile che lo faccia un capostazione o un controllore. Non un ministro.
Il ministro non è un parlamentare (carica rappresentativa e non retribuita), ma un pubblico amministratore (carica esecutiva, retribuita con uno stipendio). Il suo compito è quello di amministrare l’area di propria competenza traducendo in atti esecutivi quel che il Parlamento sovrano delibera con leggi che liberamente scrive e/o approva.
Come ogni altro amministratore pubblico o privato, può svolgere bene o male i propri compiti, ma una cosa è assolutamente certa: è lui e lui soltanto l’unico responsabile del suo operare.
Non esiste scusante. Se il sistema ferroviario funziona, bene. Se non funziona, chi sbaglia o ha sbagliato ha evidentemente eluso gli ordini e le direttive del ministro, che dovrà pertanto spiegare come ciò sia potuto avvenire. Come i suoi sottoposti siano potuti sfuggire alla sua azione di indirizzo e di controllo.
Non è una questione di onestà, ma solo di competenza o incompetenza, capacità o incapacità, dedizione o trascuratezza.
Un amministratore privato che dia cattiva prova di sé può esser licenziato solo da chi lo assunto. Un ministro inefficace solo dal Capo dello Stato, che l’ha nominato.
Pronto magari a tollerare uno sgarbo o un errore. Ma non in eterno.
Prima di arrivare a tanto, però, un ministro cosciente dei propri errori trova il buon gusto di rassegnare le proprie dimissioni. Se è un uomo.
Se non lo è, si inchioderà al cadreghino fino a che qualcuno non lo cacci con la forza, come un qualsiasi inquilino moroso. E senza perciò interrompere di danneggiare il prossimo, finirà col danneggiare irrimediabilmente anche se stesso.
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