I nemici che lo circondano, pertanto, occupano in totale una superficie pari a 102 volte quella di Israele.
Ciò nonostante, il clero che comanda in quelle quattro nazioni lamenta che i loro popoli siano spaventati e bullizzati da quel minuscolo francobollo di terra. Per giunta neppure interamente ebraico, ma condiviso con gli insoddisfatti nemici di casa: i Palestinesi. Che pur dopo esser stati schiavi per secoli – dal dominio ittita-babilonese a quello britannico, passando per Egizi, Romani, Bizantini, Arabi, Crociati e Ottomani – han rifiutato in armi quella Risoluzione ONU che già nel 1947 offriva ad essi la possibilità di costituirsi in libero Stato. Disposizione immediatamente respinta dagli stessi Palestinesi, così come dai falsi amici che gli stavano accanto.
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Oggi il cerchio si chiude. Ad un anno di distanza dall’intrusione dei «civili» di Gaza nel nord di Israele, il capo supremo dell’Iran si assume pubblicamente la paternità di quell’eccidio, dichiarando in tal modo che il suo Paese, fiancheggiato da Siria, Iraq e Libano, è da oggi ufficialmente in guerra contro lo Stato ebraico.
Per vincere quel conflitto, ciascun Israeliano dovrebbe pertanto uccidere almeno 102 dei suoi nemici. E poiché di Israeliani, per mano dei «civili» di Gaza, ne son già stati proditoriamente uccisi almeno 1.400, per pareggiare i conti Israele dovrebbe eliminarne non meno di 142.200!
Queste le esatte proporzioni. Assai meno, come si vede, di quelle poche decine di migliaia di vittime, neppure certificate, che oggi consentono a quei giovani che riempiono con striscioni e grida le confortevoli piazze d’Occidente, di accusare Israele nientemeno che di «genocidio»: accusa che rivela a un sol tempo la malafede, la vigliaccheria, l’inspiegabile rabbia e (quel che è peggio, per chi frequenta scuole da 100.000 dollari l’anno) la profonda ignoranza non soltanto della Storia, della Geografia e della Filosofia, ma persino della Matematica.
Eppure, sarebbe sufficiente che uno soltanto di quegli studenti non-studenti si ritrovasse a dover subire un qualsiasi ingiustificato scherzo da parte di 10 o 15 dei suoi compagni di corso, per vederlo rifugiarsi sotto il banco e chieder strillando soccorso da un simile atto di bullismo!
E se dovesse un giorno trovarsene intorno 102, di bulli, per giunta ben armati e accompagnati da amici ancor più grossi e numerosi?
Sarebbe una bella Olimpiade, quella dove gli incontri di calcio si giocassero in 11 contro 1.122, quelle di basket in 5 contro 510 e sul ring salissero un lottatore in un angolo contro i 102 dell’angolo opposto.
Sarebbe bello per i tanti scommettitori, che pochi dubbi avrebbero su chi giocarsi al meglio i propri denari.
In questo specifico caso, tuttavia, non saremmo così propensi a scommettere sul feroce competitore Ali Hoseyni Khamenei, per quanto 102 volte più grande.
Non v’è certezza che quella tal radiocronaca che alcune decine di secoli fa comunicò al mondo il risultato dello scontro fra Davide e Golia fosse un mito o una favola. E, soprattutto, da nessuna parte è detto o scritto che Israele non riesca a far stavolta persino di meglio.
In premio, dopotutto, non ci sono soltanto quelle pur sterminate e petrolifere terre. In premio c’è qualcosa di assai più prezioso: la Pace. Quella vera. Quella che si conquista con la lotta. Non ostentando stendardi in processione.
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