Carte nautiche, per l’esattezza.
Con una mossa a sorpresa, la Russia ha manifestato l’intento di allargare i confini marittimi intorno a Kaliningrad – enclave russa in Europa – svelando così al mondo che quella di Putin non è fame di terra (come potrebbe averne, il più vasto Paese al mondo, ventotto volte più grande dell’Ucraina?) quanto piuttosto fame di acqua. Fame di mare.
Il grande cruccio dell’aspirante padrone del mondo è proprio quello di non poter armare una flotta che possa competere con quella americana (la prima al mondo), e neppure con quella cinese (la seconda). E sebbene la marina russa occupi onorevolmente il terzo posto in classifica, è anche vero che i navigli di cui essa dispone sono per lo più sottomarini, non potendo fare affidamento su porti e mari in grado di ospitare in sicurezza una grande forza navale.
Il mare di Azov, sotto il controllo russo dopo l’invasione della Crimea (2014), è più simile a un lago che non ad un vero e proprio mare, chiuso com’è dallo stretto di Kerč. E la base di Kaliningrad, dai bassi fondali e circondata da acque che in inverno ghiacciano, non può essere il solo porto militare di tutta la forza navale russa, se non vuol diventare un facile bersaglio come lo fu, per gli USA, a suo tempo Pearl Harbour.
L’orso russo, sebbene poco avvezzo a lavarsi, vuole altra acqua. Vuole il Mar Nero e vuole il Mar Baltico. E vuole basi navali in Asia e in Africa.
Non a caso, gli Stati al momento sotto attacco sono l’Ucraina e i Paesi Baltici.
La prima, depredata della Crimea, è da due anni sotto il fuoco quotidiano dell’aggressore, la seconda è da tempo oggetto di esplicite minacce, come i frequenti sorvoli da parte di aerobombardieri russi.
Il disegno putiniano è quello di estendere il controllo sui mari circostanti le due città russe di Baltijsk e Zelenogradsk, rispettivamente a sud e a nord di Kaliningrad, che da acque internazionali diventerebbero in tal modo acque territoriali del rinascente impero. Oltre ciò, c’è il progetto di impadronirsi di parte del Golfo di Finlandia, chiudendo con una linea retta l’ingresso a San Pietroburgo.
Più che di un vero e proprio atto di forza, si tratta di una (ennesima) provocazione espressamente indirizzata all’Unione Europea, considerata evidentemente (e a ragione) l’anello debole dell’Occidente.
Ma è allo stesso tempo un (ennesimo) passo falso del dittatore, che svela così al mondo quali siano le sue vere mire: due veri mari finalmente russificati su cui poter finalmente dispiegare una grande flotta.
Un progetto forse troppo ambizioso, che si scontra a nord con la debole Unione Europea protetta da una NATO ancora forte (sebbene probabilmente destinata a ridimensionarsi dopo le presidenziali USA), e minaccia a sud la Turchia. Apparentemente amica degli zar, ma fermamente intenzionata a mantenere il pieno controllo del Bosforo, unica e vigilatissima porta tra il Mediterraneo e il Mar Nero.
Due avversari intenzionati a resistere.
L’orso è e resterà un animale di terra. Che il mondo spera di veder presto tornare in letargo.
Commenti
Posta un commento