Papa Leone XIV parte bene. Col nome giusto per azzannare là dove serve il Pannocchia e i suoi sodali, giocandosela in casa (bianca). Terzomondista quanto basta per mantener vivo l’afflato bergogliano in difesa dei deboli, colto e sapiente come ci si attende da un emulo di Agostino d’Ippona.
Difficile accusarlo di «non avere le carte».
Possibile che spetti stavolta a un discendente di Pietro, e non ad un laico, il compito storico di rabberciare un’Occidente ancora una volta proteso sul baratro della follia, coi tanti feroci nemici – all’esterno e ancor più all’interno – pronti a spingerlo nel profondo dell’abisso? E che ciò competa al vescovo di Roma, e non ad un Churchill o ad un Roosevelt, dei quali non resta peraltro che un flebile ricordo?
Se i laici di oggi sono della stessa specie di un Trump, di un Putin o di un Xi Jinping, forse davvero non resta che la mano di Dio. Un gesto miracoloso che ripulisca il mondo dal riaffiorare di quella lurida feccia che chiude scuole e università, brucia i libri, cancella la Storia, tappa la bocca a chi non la pensa come loro, depreda le ricchezze di chi pure li ha votati e caccia via o uccide chi beni da depredare non ne possiede.
Decisamente il nemico di oggi non appartiene più alla specie umana, così come umani non furono ieri un Hitler o un Mussolini, visibile incarnazione del demonio. Malamente travestito allora ed ancor peggio ai nostri giorni, sotto le (dis)umane spoglie di un Trump, di un Putin, di un Xi Jinping.
Quando a un uomo capita di ritrovarsi faccia a faccia col demonio, non restano che due possibilità: vendersi l’anima o innalzare la Croce.
Molti (troppi) hanno prontamente optato per la prima, modello Barabba. La Chiesa di Roma ha proposto la seconda. Con laica e coraggiosa saggezza.
Ed è forse giunto il momento che il Leone, quietamente, ruggisca.
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