Come sia potuto accadere che un palazzinaro poco alfabetizzato nato alla periferia di New York, dopo una sconsiderata vita fatta di azzardi, brutte amicizie, fallimenti, sopraffazioni e crimini, abbia potuto così facilmente impadronirsi della Casa Bianca e farne un centro di malaffare tempio del kitsch, a misura d’un piccolo padrino di quartiere, di un qualsiasi Casamonica.
Ma tant’è: questa è l’America, bellezza.
L’Italia, però, America non lo è; l’Europa ancor meno. E non può esser costretta a sottostare alle provocazioni e alle truffe che la cosca della Casa Bianca un giorno sì e uno no ordisce ai suoi (ed altrui) danni.
È vero che per fare un furbo occorrono mille fessi. Ma stavolta (miracolo del web?) i fessi sembrano esser diventati miliardi!
Non soltanto chi compra l’orologio cinese da 3 dollari pagandolo 499 perché sul quadrante c’è scritto «Trump» anziché «Rolex», o si riempie (si svuota) le tasche acquistando criptovalute farlocche fatte in casa («$TRUMP»), ma anche chi si ritrova sballottato sull’altalena dei finti dazi, che ora salgono, ora scendono. Ma, guarda caso, sempre a Borse aperte, così da poter lucrare sulle conseguenti oscillazioni di mercato. Seguendo attentamente i fusi orari cinesi ed europei, così da poter arrecare il maggior danno per trasformarlo immediatamente dopo nel massimo profitto.
Quel di cui gli Americani sembrano non accorgersi è che – mentre il padrino della Casa Bianca accumula montagne di (altrui) denaro, altrimenti chiamato «pizzo» – l’economia della loro nazione vacilla. E con essa il dollaro, dal 1945 moneta di scambio del mondo intero.
Pagare da Eataly il Parmigiano una volta e mezzo il suo prezzo, non rende gli Americani più ricchi. E neppure può far sì che l’intera provincia di Parma traslochi in Arkansas. Allo stesso modo costruire un iPhone in California, anziché in Cina o in India, significherebbe doverlo poi piazzare a 30.000 dollari anziché 1.000. Esattamente quel che accadrebbe se i falsi Trumprolex fossero fatti in Svizzera anziché in Cina.
È normale che sia così. L’Età Industriale è finita in Occidente tra gli anni Novanta e i Duemila; ancora (per poco) sopravvive in Cina, mentre in India ora si espande e già si affaccia in Africa.
La globalizzazione ha fatto dell’Occidente il software del mondo, intento a immaginare e progettare quel che Oriente e Sudamerica, hardware del mondo, provvedono poi a fabbricare.
Tutti hanno tratto vantaggio da quella ripartizione dei compiti: Cina e Sudamerica han compiuto in pochi anni passi da gigante, assimilando non soltanto i metodi di fabbricazione, ma anche molte delle tecniche di progettazione; l’Occidente ha potuto usufruire per alcuni decenni di beni a basso costo, potendo in tal modo dedicare il proprio tempo a gestire la transizione dal primario al terziario, trasformandosi da produttori di oggetti d’uso a fornitori di tecnologia e servizi.
Tutte cose che un Trump non è e non sarà mai in grado di comprendere: non si è accorto che nelle auto c’è ormai più plastica che acciaio, che un televisore non costa più a chi lo compra sei mesi di stipendio, ma giusto una settimana, e così una lavatrice. E che il passato non potrà mai ritornare, o non sarebbe tale.
Trump, ladruncolo magicamente ritrovatosi dentro il caveau di una banca, non pensa ad altro che a depredare per arricchirsi. Del progresso del suo Paese poco gli può importare. Al contrario, il fine che egli senza saperlo persegue è il regresso. Così come lo è il tentare di riportare il vecchio hardware in patria mentre ne demolisce il ben più prezioso software: le università, i centri di ricerca, la libera circolazione delle idee. Credendo forse di poter far grande l’America recludendo i Californiani in fabbrica ad assemblare iPhone, anziché dar loro modi, tempo e conoscenza per poterne progettare di nuovi.
Se l’America intendeva suicidarsi, ha trovato in Trump l’arma ideale. Purché decida di suicidarsi da sola, senza voler a tutti i costi trascinare con sé l’intera famiglia: dalla Gran Bretagna insieme a Canada e Australia, fino alla vecchia Europa. Perché esistono anche i ben viventi, in questo mondo. Non solo i malviventi.
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