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Maraviglia delle meraviglie!

Meraviglie dell’ignoranza! Leggere per la prima volta un documento storico e scoprire di non possedere gli strumenti intellettuali per collocarlo nel suo giusto contesto. Quindi piegarlo al proprio pensiero, forzandolo ad usum Delphini e decontestualizzandone qualche passo al fine di sconfessare la validità dell’intero documento, e dunque di quella grandiosa costruzione politica, l’Unione Europea, che in esso affonda le proprie radici. Con la supponente pretesa, pur non essendo un agronomo, di poter valutare da un sommario esame di tali radici tanto la robustezza del tronco che la salute della chioma o la qualità dei frutti. 

Con tale predisposizione ascientifica, non v’è testo sacro o profano che possa in assoluto esser ritenuto valido. Persino dalla Bibbia è possibile estrarre elementi di violenza, schiavismo, vendette, incesti, ingiustizie, sopraffazioni, guerre. Ma ciò non toglie che anche dalla Bibbia sia nato quel mondo che conosciamo, e che sia pertanto utile leggerla e studiarla. Se il mondo progredisce, è perché i figli si son rivelati migliori dei padri. E se lo sono, è perché dei padri hanno studiato a fondo sia errori che gli insegnamenti.

Alla luce di ciò, un misero attacco è stato quello che il governo (italiano) ha inteso sferrare contro l’Unione Europea, mettendone in dubbio le origini (italiane), durante la presentazione alla Camera, lo scorso 19 Marzo, della posizione che l’esecutivo si appresta a sostenere nella riunione del Consiglio Europeo che deciderà in merito alla proposta di riarmo dei Paesi dell’Unione.

Il primo ministro ha duramente criticato il cosiddetto «Manifesto di Ventotene», più precisamente titolato «Per un’Europa libera e unita», elaborato nel 1941 in regime di prigionia da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, esponenti antifascisti del Partito d’Azione confinati nell’isola di Ventotene durante una guerra che fu sostanzialmente europea, prima ancora che «mondiale». 

Per far ciò, la presidente del Consiglio ha arbitrariamente estratto dal Manifesto alcuni passi, da lei evidentemente ritenuti tra i più significativi. 

Li esamineremo qui punto per punto.


1. «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista»

Che l’ideale socialista fosse estremamente popolare nel primo dopoguerra, è cosa nota. La Rivoluzione leninista (1917) aveva consentito alla Russia di ritirarsi con buon anticipo dalla Grande Guerra, evitando le immani distruzioni che portarono al crollo dei grandi Imperi e le gravi crisi politiche ed economiche che ne seguirono. 

Di fronte alla miseria dilagante in Europa e nel mondo, l’URSS finì col rappresentare per molti il sogno di una possibile alternativa. Lo stesso Hitler si presentò al suo popolo come Partito Nazionale Socialista dei Lavoratori Tedeschi. Ed anche il Fascismo nacque come movimento sociale, ispirato da ideali socialisti. 

Il programma di San Sepolcro (1919), atto fondativo delle Camicie Nere, chiedeva tra l’altro: «(2-d) L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici». E ancora: «(4-a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze».

La parte mancante del passo citato, peraltro, dà una più precisa lettura di quel che esso intenda come ideale socialista, sottolineando l’urgenza di migliorare la vita dei ceti più umili: «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita». 


2. «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso»

Il testo integrale è invece il seguente: «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio».

Dove la frase mancante esclude del tutto l’idea sovietica di riservare allo Stato ogni diritto di proprietà. 

Di fatto, anche nell’Italia di oggi è previsto che la proprietà possa essere «abolita» (esproprio per ragioni di pubblica utilità), «limitata» (piani edilizi, diritti di passaggio, proprietà pubblica dei servizi essenziali), «corretta» (imposizioni fiscali), «estesa» (concessione a vita di beni pubblici). Ovviamente, «caso per caso».

Dunque?   


3. «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria»

Si parla di «crisi rivoluzionaria», ossia dell’impossibilità, in quei particolari momenti storici («crisi») in cui cessa ogni regola ed è necessario agire con urgenza, di poter disporre del tempo necessario per mettere a confronto idee divergenti, se non opposte. Nel momento della battaglia, gli ordini devono provenire da una medesima voce. «Il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta tra loro». 

Il metodo democratico, sostiene il documento, si addice ai tempi di pace, non ai tempi di guerra. E mai come in quel momento l’Europa era nel pieno di una sanguinosissima guerra.  


4. «[Il partito rivoluzionario] attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato, e attorno ad esso la vera democrazia»  

La maldestra quanto parziale estrapolazione dimentica alcune significative premesse del Manifesto, quale ad esempio la seguente: «Una situazione dove i comunisti contassero come forza politica dominante significherebbe non uno sviluppo non in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del rinnovamento europeo». 

Sbaglia dunque chi legge quel passo come un’apologia di quella marxista dittatura del proletariato più volte condannata nel medesimo Manifesto come «dottrinaria soluzione comunista».  

Il testo che ha suscitato l’indignazione del governo parla di una fase rivoluzionaria nella quale la volontà popolare è «ancora inesistente», nel senso che non ha ancora avuto modo di darsi un ordinamento (una Costituzione) che consenta ad essa di esprimersi e di autogovernarsi. 

Chi potrà mai scrivere quella Costituzione se non un «partito rivoluzionario» che, in quanto ancora privo di legittimazione popolare, dovrà necessariamente operare in regime di effettiva «dittatura», nel senso letterale del termine, autoincaricandosi di «dettare» le norme?

Cosa è accaduto, d’altronde, nell’Italia postfascista, se non la temporanea presa di potere, per mano di quei Padri Costituenti espressione della guerra partigiana, al fine di porre per iscritto quelle regole (democratiche) sulle quali ancora oggi la Nazione si regge?

****

In conclusione, un documento della levatura di «Per un’Europa libera e unita» non va soltanto frettolosamente occhieggiato la notte prima degli esami. Va letto integralmente, meditato, relazionato ai luoghi e ai tempi e, possibilmente, anche compreso. 

Chi vede le spine prima ancora dei petali, e sostiene che solo di spine è fatta una rosa, o è in assoluta malafede, o non è in grado di cogliere la realtà nel suo insieme.

O entrambe le cose. 






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