Tu puoi scrivere:
— Il sole splende!
Ma lui pronto controbatte:
— Quindi stai dicendo che avresti preferito che non splendesse? Ami il buio? Sei contro la luce? Sei forse un demonio emerso dalle tenebre dell’oltretomba? Via di qui! Non è questo il tuo posto. Vergognati!
In alternativa sta sempre pronto l’«invece».
— Il sole splende!
— Invece in quei Paesi dove l’inverno dura sei mesi, il sole se lo sognano! E tu, lurido privilegiato, hai pure il coraggio di ricordarglielo e magari rinfacciarglielo! Non è colpa loro se il sole non illumina quelle desolate lande: è colpa di chi avrebbe potuto mandare in orbita grandi specchi così da dare la luce anche a chi non ce l’ha, ed è grazie a quelli come te se questo non è stato ancora fatto. Vergognati!
Il Quindinvece impazza ovunque, non solo sul web, ma anche nei talk-show. Nelle aule parlamentari, poi, impera! Ha una risposta per tutto, dall’astronomia alla politica, dall’economia alla giustizia, dalla medicina alla fisica quantistica, dalla psicologia alla storia sumera. Ma ogni risposta comincia con un «quindi», o con un «invece».
Tu scrivi:
— A Napoli si fa un buon caffè.
E lui, pronto:
— Quindi stai dicendo che il caffè che servono a Milano fa schifo?
Tu, che neppure l’hai mai pensato, ribatti:
— Che c’entra? Non ho detto che il caffè a Milano sia di qualità inferiore...
Al che, pronto:
— Invece il caffè in molti bar di Milano è molto più buono che a Napoli! È solo il tuo ingiustificato odio per la sacra Padania che ti fa sproloquiare in tal modo, offendendo la prima regione del Paese!
— Ma no, penso soltanto che ovunque in Italia si possa bere un ottimo caffè.
— Quindi stai dicendo che il caffè lo sanno fare solo gli Italiani? Che neppure lo coltivano? Invece il miglior caffè del mondo l’ho assaggiato in Nicaragua!
A quel punto, tu che il Nicaragua non lo frequenti così spesso, non hai più solidi argomenti da opporre.
Il Quindinvece ha vinto e tu hai perso.
È la collaudata tecnica di ogni attaccabrighe di professione: attirarti su un terreno che, anche se non è il suo, non è più neanche il tuo. Dove chi è solito parlare coi piedi per terra si ritrova improvvisamente a galleggiare nell’etere: ma è proprio in quel nulla assoluto che il Quindinvece sa dare il meglio di sé.
Cerchi di liberartene ricordandogli che è quasi ora di cena e vorresti guardare il telegiornale, ma il Quindinvece non demorde:
— Quindi tu credi a tutte le panzane che ti propina la tivù?
— Non ho detto che credo a tutto quel che lì si dice: ma prima di crederci o non crederci avrei piacere di ascoltarlo.
— Invece dovresti spegnerlo, quello strumento maledetto, e informarti sui canali alternativi, come il videoblog del prof. Teladoabere o il sito web dell’onorevole Aldiavolotutti!
— Non li conosco!
— Invece dovresti conoscerli! La verità è che ti hanno asfaltato il cervello con i canali mainstream! Magari ti han fatto pure credere che la Terra sia tonda o che gli Americani siano sbarcati sulla Luna!
Di fronte al Quindinvece non v’è difesa alcuna, se non quella di lasciarlo cuocere nel suo denso brodo, nel quale finirà prima o poi con l’affogare.
È sufficiente chiedergli di approfondire i suoi discorsi, che poi tanto profondi non sono.
— Esiste una tecnica spaziale per illuminare a giorno le regioni polari nel mondo? Bene: illustracela.
Il caffè in Nicaragua è il migliore? Bene: parlaci delle diverse qualità, dicci dove si produce il più buono, in quali bar lo si può gustare, in che cosa si distingue dal brasiliano o dal colombiano... (...e scusa se mentre lo racconti, un caffè come dico io me lo vado a preparare in cucina).
C’è qualche novità, verità o rivelazione, fra le tante che hai appreso dai tuoi canali alternativi, di cui vorresti – per la mia salute mentale – ch’io fossi più dettagliatamente messo a parte?
Tolto dall’immenso mare del nulla e riportato sul suolo terrestre, il Quindinvece tace. O meglio: tacerebbe. Se non avesse ancora in pugno le sue armi preferite:
— Quindi stai dicendo che vuoi saperne di più! Che non ti basta il pastone che ti propinano giornali e tivù?
— No. Dico che il pastone ciascuno dovrebbe prepararselo da sé, scegliendo i migliori ingredienti tra i troppi che web, giornali, radio e tivù spargono ad ogni ora e per ogni dove senza alcuna etichetta che consenta di verificarne la genuinità e la bontà. Così che servono buoni occhi, buon naso, tanta pratica e giuste conoscenze per distinguere ciò che è velenoso da quel che è commestibile. E, tra il commestibile, il meglio.
— Quindi vuoi dirmi che chi non sa cucinare non ha il diritto di mangiare?
— No di certo. Anche gli animali mangiano. Che pure di cucinare non son capaci. Ma lo fanno per necessità. Non per piacere. E lì sta la differenza: tra chi va cercando cibi preconfezionati, e chi invece preferisce prepararseli da sé.
— Quindi...?
— Invece!
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