Costretti a riassumere in un solo aggettivo l’atteggiamento (nel politichese alla moda: la «postura») mostrato da Calenda di fronte al saluto (romano?) di tre recenti acquisti del peso di Gelmini, Carfagna e Versace, il termine che vien subito alle labbra non è affatto «moderato», ma proprio «stizzito».
E in quell’aggettivo sta tutto il segreto dell’indiscusso insuccesso di Azione e del suo leader.
Un vero moderato, davanti a un collaboratore che gli comunica di voler lasciare l’azienda per accettar la proposta di una ditta concorrente, forse nell’immediato meno vantaggiosa ma più consona alle sue aspirazioni, come prima cosa cerca di comprendere i motivi di tanto malessere, quindi avanza qualche proposta migliorativa nell’interesse di entrambi. Infine, se non accolte, porge la mano a chi si è comunque per un certo tempo speso al suo fianco, augurandogli di trovar maggior soddisfazione nel suo nuovo impegno.
Un sedicente moderato come Calenda, invece, che fa? Pesta con forza i piedi e si lamenta pubblicamente sui giornali dell’ingratitudine di chi «avevamo accolto in una fase delicata della loro vita professionale e che abbiamo fatto rientrare in Parlamento in posti sicuri e con listini bloccati». Sottolineando come non sia quella «la cosa che mi scoccia dal profondo del cuore, che mi dà più fastidio» (e già il vocabolo «scoccia» poco odora di moderato linguaggio) è il «tradimento della volontà popolare», è il fatto che «hanno preso i voti di elettori contro la Meloni e vanno a sostenerla».
Una motivazione più grillosalviniana che repubblicana, in spregio di quella Costituzione che pure all’art. 67 precisa che: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». In altre parole: il partito ha una funzione meramente genitoriale, espletata la quale il pargolo deve imparare a camminare sulle proprie gambe, in un Parlamento dove non a caso i partiti non hanno diritto d’esistere, sostituiti – come sono – dai gruppi parlamentari. Ai quali ciascun senatore o deputato è libero di aderire o meno. Se non, più prudentemente, di rifugiarsi nel gruppo misto.
Un vero moderato, come ambirebbe esserlo un Calenda, non travisa la Costituzione piegandola ai propri interessi, ma la rispetta. Lo stesso Luigi Einaudi (moderato forse più di Calenda) in sede costituente si mostrò fermissimo «nel ritenere che il mandato imperativo sia la morte dei Parlamenti».
Altrettanto fermo, invece, Calenda non lo è, e forse non lo è mai stato.
Come un Don Chisciotte e Sancho Panza riuniti in un sol corpo, il Nostro non esita ora a scagliarsi con ingiustificata veemenza contro ogni vera o presunta ingiustizia (allontanando da sé quei moderati dei quali ambirebbe il voto), ora a invocare invece l’osservanza delle regole, purché scritte da lui o adattabili alle esigenze del momento.
Occorre un esca moderata per pescare il pesce moderato, e non sempre Calenda ha mostrato di saper scegliere la più adatta.
Eppure il mare è pieno di pesci moderati, e cresce anche il numero dei pescatori che lancian loro l’amo. E se Calenda soffre nel vedere il cesto ancora vuoto, mentre Renzi tenta addirittura di venderselo, il buon Tajani e lo sfortunato Lupi inaspettatamente acchiappano una preda dopo l’altra. Senz’altro merito se non quello di far uso di un’esca appena più appetibile. Più moderata.
A centrocampo il gioco si fa duro. E se Azione vuol davvero passare all’azione, forse occorrono validi centrocampisti, in luogo di attaccanti come Renzi o difensori come Calenda. E poiché il gioco lo si apprezza meglio se visto dagli spalti, piuttosto che dal campo, dalle nostre tribune celesti ci sentiremmo di avanzare una proposta, che ha il nome di Richetti: il terzo Matteo della Repubblica: emiliano quanto basta per dialogare col campo largo, ma accorto quanto basta per tenersene alla larga; capogrupp(ett)o del partito alla Camera e gran conoscitore di ogni più subdola manovra di Renzi.
Se Azione avrà un futuro (come spera e si augura chiunque voglia costruire in Italia un centro capace di ammortizzare le spinte provenienti dalle opposte sponde neofasciste e tardomovimentiste) questo dovrà necessariamente passare attraverso una «grillizzazione» del buon Calenda (elevato al rango di padre nobile del partito, riposto in un angolo e zittito col reddito di nullaparlanza) che dia spazio ad un giovane e più agile centrocampista. Il quale, muovendosi moderatamente, con toni moderati e tra i moderati, sappia innescare l’amo con un’esca moderata ancor più attraente da quelle che i pescatori dell’altra riva han dato prova di saper utilizzare in modo certamente più efficace.
Per chi crede nell’Azione, è giunto il momento di agire.
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