A questo pensavamo mentre i grandi e piccoli schermi di tutto il mondo diffondevano per l’etere l’eterea figura di un berlusca strappato al letto d’ospedale, sommariamente incartato e armocromaticamente ridipinto tra zombie e maotsetung, intento a sfinire le residue energie nell’affaticata lettura di un messaggio rivolto ai fedelissimi riuniti a Milano.
Quasi una voce da quell’aldilà che per noi alati è l’aldiqua. Quasi un testamento spirituale acciocché il forzitalico pensiero, affidato ai suoi apostoli, conservi viva nei secoli l’immagine non sempre luminosissima del fondatore. Rintuzzando nel contempo quel prevedibile scalpitare intorno a una prossima possibile eredità che, in modi più o meno celati, anima i parenti raccolti ai piedi d’ogni potenziale capezzale.
È il desiderio di eternarsi, un tempo riposto nelle capacità dell’arte (il mausoleo di Cascella) o della scienza (l’ibernazione) e adesso nella predicazione laica, il vero contenuto del messaggio dell’anziano faccendiere. Esternare per eternare.
Spogliato da ogni facile sberleffo, d’altro non si tratta che del suo più sincero testamento. Meritevole di rispetto come può esserlo ogni ultima volontà, che con angelica pietà gli auguriamo penultima, se non secondultima o terzultima.
In attesa del definitivo giudizio, quello sì non rinviabile, che competerà come di diritto alla Storia.
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