Con tutto ciò, un buon numero di appiedati automobilisti alligna anche tra noi, e non pochi di questi è proprio grazie all’automobile che han potuto più facilmente raggiungerci. Non certo perché in Paradiso ci si possa arrivare in autostrada, quanto per essersi improvvidamente schiantati coi loro terrestri mezzi, o per esserne stati investiti o arrotati.
Va detto ancora i migliori automobilisti son tutti qui in Paradiso, se non altro perché son quelli che gli incidenti stradali li hanno subiti. Coloro che invece li han causati stan tutti giù all’Inferno. Da vivi sognavano auto rosse e fiammanti, adesso si godono tanto il rosso che le fiamme. Ma senza auto, e neppure l’ecologica alternativa delle ali.
Quando parliamo di migliori, sappiamo quel che diciamo. Poteva mancare tra noi un mago del volante come Tazio Nuvolari, che mezzo Paradiso lo porta già nel cognome? No, e infatti ancora se la svolazza quassù in gran velocità e più d’una volta ci sorpassa, lagnandosi dell’assoluta mancanza di curve in Cielo, tutte consumate il primo giorno della Creazione per dar vita a stelle e pianeti: oggetti dannatamente rotondi, fatti di sole curve.
Ma stanno tra noi anche guidatori di minor fama, come l’angelo Peppino, simpatico alato del Quarto Cielo, orgoglioso ex possessore di una Fiat Millecento TV del ’53, e sottolineiamo «TV»: l’elettrodomestico che più d’ogni altro, ai tempi della sua vita carnale, era insieme il sogno di ogni Italiano e un simbolo assoluto di modernità e di futuro, e diede il nome alla più lussuosa versione della popolare autovettura.
La Millecento TV altro non era che una cicciottella Millecento dalle morbide forme, fatta come le altre di quarantotto rate mensili, ma con alcuni accorgimenti capaci di distinguerla. Non una vera fuoriserie, mito del tempo, ma pur sempre una serie speciale. A differenza della proletaria versione B, per non parlar della plebea versione A, disponibile solo in grigio e con un allestimento tanto essenziale da far storcere il naso a un cittadino di Sparta, la mitica versione TV disponeva di ben due fari antinebbia, ad uso principalmente padano, nonché di un'elegante verniciatura bicolore estesa anche alle fiancate! In pianura e senza vento avrebbe dovuto raggiungere i 140 km/h. Ma pare che la massima velocità misurata non si spingesse oltre i 128 km/h.
Orbene, è successo che già da qualche tempo, sebbene un vero e proprio tempo in Paradiso non esista, l’angelo Peppino manifestasse l’incontenibile desiderio di rimettersi alla guida della sua amatissima auto, lasciata in Terra alla quarantatreesima rata, e che tale irrefrenabile brama lo portasse a gesti talora ai limiti dell’inconsulto, come gridare brum brum nel corso di azzardati sorpassi alati, o stringer tra le mani un immaginario volante, o volteggiare alla ricerca di un parcheggio prima di posarsi su una qualsiasi nuvola.
E tanto andava intristendosi nella nostalgia della sua fida compagna a quattroruote, e così impellente era il desiderio di guidare un mezzo terrestre qualsiasi esso fosse, dal quadriciclo all’Aston Martin, e a tanta altezza si levarono i suoi sospiri, che valida venne una man dal Cielo al fine di esaudire in qualche misura l'innocente richiesta. Provvidenziale per definizione, il nostro Capo dispose affinché l'angelo senza ruote fosse rispedito per ventiquattr’ore sulla Terra: direttamente al banco dell’agenzia di autonoleggio, con un voucher prepagato tra le mani.
Immensa fu l'allegria dell’angelo Peppino nell'apprendere la notizia: tanto che in un irrefrenabile balzo di gioia prese a svolazzare tutt'attorno a una velocità mai prima raggiunta né nel Quarto né nel Nono Cielo!
Nessuno tra noi, tuttavia, ebbe il coraggio di rivelargli che difficilmente il noleggiatore avrebbe potuto metterlo alla guida di una Millecento d’annata, «TV» o meno che fosse, e che assai più probabilmente si sarebbe ritrovato tra le mani un'auto di qualche decennio più recente.
— Purché abbia un volante! — fu la risposta di Peppino, ubriaco di felicità, quando per ignote vie venne a saperlo.
E così, vestito di tutto punto con tanto di eleganti guanti di camoscio a mezze dita, da vero automobilista, il motorizzaturo diede inizio alla sua temporanea discesa tra i mortali.
Si presentò al bancone dell’autonoleggio, mostrò una patente nuova di zecca, falsificata come neanche il diavolo saprebbe fare, e ne ebbe in cambio una chiave che chiave in realtà non era. Si trattava di una sorta di caramellona gommosa con un pulsante che avrebbe dovuto aprir le portiere e quindi, senza estrarla dalla tasca, consentire di avviare il motore. Cosa che il buon Peppino puntualmente fece, riuscendo persino, con l’aiuto di quel Cielo a cui appartiene, a far partire il silenziosissimo propulsore. Che solo l’orecchio posato sul cruscotto poté certificare essersi realmente messo in moto.
Quel che accadde dopo, abbiamo avuto modo di apprenderlo dalla viva voce del buon Peppino, rientrato anzitempo fra le nuvole.
— Volevo la mia Millecento TV, non una TV con le ruote! Che specie di accrocco è questo sedicente motore che non fa brum brum ma zzz zzz? E la frizione? E il cambio? E perché mi avete dato solo dieci dita se i pulsanti sul cruscotto sono ottantasei? E non basta: questa pure parla: «allaccia le cinture», «hai superato il limite di velocità», «dove vuoi andare?», «carburante in esaurimento», «hai raggiunto la temperatura ideale». Ma chettefrega! E poi, chi ti ha autorizzato a darmi del «tu»? Un po’ di rispetto, per nonnominareilnomedidioinvano! Se tu sei un’automobile, io sono un divano. Che dire poi del comportamento su strada? Queste lavatrici su ruote saranno anche veloci, ma a che pro, se poi c’è il limitatore che legge i cartelli e ti impedisce di accelerare? E quando vede una striscia bianca sull’asfalto ti sterza le ruote e ti rimette in carreggiata? E se un gatto le passa davanti, inchioda? Ma è un’auto o una badante? Quanto alla TV, questa disgraziata ne ha giusto una per far retromarcia, come se il nostro Capo avesse ritenuto opportuno infilare ad Adamo un terzo occhio tra le chiappe per meglio osservare la latrina sulla quale è solito accovacciarsi. Bello schermo, ma pessima programmazione: solo bordi di marciapiede e musi d’automobile. E i guanti? A che mi servono, se lo sterzo è leggero come una piuma e, soprattutto, il più delle volte piglia a girarsi da solo? Aridateme la Millecento: vi pago anche le ultime cinque rate! Aridateme le ali!
E così sbraitando, l’angelo Peppino decollò verso casa, avendo misurato la distanza che passa tra la poesia del ricordo e la brutalità del presente, tra la leggerezza del sogno e la pesantezza della realtà.
Ora svolazza allegro fra noi. Fa le capriole in aria e il vero volante è lui, e neppure fa più brum brum con la bocca, felice di quel che s’è lasciato alle spalle e di quel che le spalle han regalato a lui: un bel paio d’ali da 250 hp, autoalimentate e silenziosissime, che fan quello che lui comanda. E non viceversa.
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