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Armi di scena

«Se nel primo atto di un dramma c'è un fucile appeso al muro, nel secondo o terzo atto quel fucile sparerà».

Lo disse Anton Pavlovič Čechov, celebre drammaturgo russo nato nel 1860 a Rostov, proprio al confine con l'attualmente contesa regione ucraina del Donetsk. 

Figuratevi la faccia del buon Anton, oggi nostro gradito ospite a Nuvolandia, quando quel fucile l’ha visto comparire improvvisamente sulla scena sotto forma di missile nucleare, appiccato al muro da Putin e più volte illuminato dai riflettori puntati ora dal ministro degli Esteri Sergej Viktorovič Lavrov, ora dal capo del governo russo Dmitrij Anatol'evič Medvedev, ora dal macellaio ceceno Ramzan Kadyrov. 

La cosa sarebbe da ridere, vista la manifesta inettitudine bellica dei capicosca di Santa Madre Russia, capaci di sferrare coraggiosi attacchi giusto su Croce Rossa, scuole d’infanzia, ospedali e auto di civili in fuga, se non fosse per il fatto che dalle urne farlocche fatte di vetro, così da poter meglio orientare il voto, è magicamente emersa non soltanto l’annessione delle terre finora invase, ma anche di quelle che ancora attendono d’esser conquistate. Non appena il Parlamento e il Governo ne decreteranno ufficialmente il passaggio dall’Ucraina alla Russia, il primo atto del dramma potrà dirsi concluso. E comincerà il secondo. 

Crescono dunque le possibilità che il fucile, ormai protagonista in scena, cominci prima o poi a sparare. Se non proprio nel secondo atto, magari nel terzo. O nel quarto. 

«Se il fucile non verrà usato, neppure dovrebbe starsene lì appeso», precisava Čechov a conclusione del suo pensiero. 

Allo stesso modo una minaccia senza seguito finirebbe col mettere in luce non la forza, ma la vigliacca impotenza di chi l’ha irresponsabilmente scagliata per poi subito ritirarla, spingendo ancor più nell'angolo il rabbioso dittatore russo. Per la gioia dei tanti falsi amici, pronti a spingerlo verso il baratro per poi usurparne il trono.

Che un crescente pericolo esista lo dimostrano la dura e immediata reazione del segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, che promette «conseguenze serie» qualora la Russia dovesse far uso di armi nucleari, così come l’accorato appello della Santa Sede: «Putin fermi la spirale di violenza. Zelensky sia aperto a serie proposte di pace». 

Ispirato il Papa al dettato del Vangelo: porgi l’altra guancia. E il segretario NATO ai versetti della Bibbia: occhio per occhio, dente per dente.

Non domandateci come la vicenda andrà a finire, sempre che una fine ce l'abbia. O se a finire sarà la vicenda o invece il mondo, che dentro di sé non vede l’ora di liberarsi dei microrganismi che lo infestano per diventar finalmente un pianeta come tutti gli altri: disabitato, senz’acqua, senz’aria e privo di occupanti abusivi. 

È vero che a noi angeli è dato di conoscere con largo anticipo ogni cosa. Ma non ci è permesso di spoilerare il finale.  

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