— Sarà un documento congiunto di Sinistra Italiana e Verdi in cui verranno messi nero su bianco alcuni punti imprescindibili di programma — incalzano i due predicatori scalzi. Accompagnando la perentorietà dei toni con moti facciali che vorrebbero suscitar terrore, ma inducono piuttosto a un compassionevole sorriso.
Uno spreco di inchiostro e tanta carta rubata alle foreste, dal momento che i nove punti imprescindibili, categorici, irrevocabili e imperativi – destinati a diventare forse quattordici – possono facilmente esser riassunti in una sola consonante e in una sola vocale: «NO». Un NO a tutto e a tutti, a 360°, ma in particolare a tutte le parole d’ordine del catenaccio piddino: dall’«agenda Draghi» al nucleare, dal PNRR alla collocazione atlantica.
Solo gli impreparati ragionieri del piddì possono prestare orecchio ai ragli e ai latrati dei due autostoppisti della politica, neppure così sicuri del voto dei parenti più stretti. Temono fermamente che in mancanza di quel 0,01% che è ottimisticamente possibile estrarre dalle poco consunte tasche dei due vagabondi, la difesa a oltranza dell’ultimo partito borghese sarebbe inevitabilmente compromessa.
Queste son le nostre non segrete speranze: 1) che pur di mostrarsi caritatevole verso i due mendicanti, Letta rompa definitivamente con Calenda e che quest’ultimo, riacquistato il venduto coraggio, si decida una volta per tutte a combattere, anziché imboscarsi nelle malassortite e maleodoranti trincee piddine; 2) che Letta, preso in prestito da Grillo l’inesauribile fucile caricato a vaffa (o – se necessario – noleggiato a suon di sghei, in omaggio al sangue genovese) lo rivolga immantinente contro i due sordidi compari, costringendoli alla fuga.
Evitando di spacciare per armoniosa melodia la stridula dissonanza di un’orchestra che pretende di mettere insieme no-rigassificatori e sì-rigassificatori, atlantisti e putiniani, orfani di Conte e giustizieri di Conte, caporali e uomini.
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