È la svolta sadomaso di un partito nato tagliandosi dapprima l'indennità parlamentare, poi il numero dei parlamentari medesimi, quindi gli stessi iscritti. Prima debattistizzandosi, poi decasaleggizzandosi ed ora in procinto di decontizzarsi. Bramoso dell'ormai prossimo e definitivo taglio elettorale.
Un movimento che solo recentemente ha scoperto quanto sia più facile inventarsi dei nemici al proprio interno che non andarseli a cercare all'esterno. Anche perché di nemici se ne trovano sempre meno: la povertà è stata abolita, Roma è diventata un profumato salotto svizzero, autostrade e ferrovie non se ne costruiscono più, ponti sullo Stretto nemmeno, TAP e TAV guai a parlarne e il 5G è una realtà in tutto il mondo, ma non in Italia. Dunque verso chi altri potrebbero scagliare i loro vaffanstrali, se non in direzione del governo, ossia di se stessi?
Il massimo del nuovo corso è stato tuttavia quello di versare trecentomila euro l'anno al loro storico fustigatore, affinché ad ogni principio di stagione lasciasse il letto, la barca, la piscina e la tavola per calare a Roma a strigliare ed arringare i suoi (superstiti) accoliti. Praticamente una crocifissione al contrario: non un messia che sacrifica se stesso per salvare la propria gente, ma un sadico che tortura il suo popolo per salvare se stesso.
E il bello è che han fatto tutto da soli. Anzi: sempre più da soli. Perdendo prima qualche brandello ed infine interi pezzi di quella che era fino a poche settimane fa la prima forza parlamentare del Paese.
La decrescita infelice è il limite naturale di qualsiasi attività sadomaso: il maso chiede al sado di accrescere ogni volta la dose, e non tutti sopravvivono: qualcuno scappa, molti ci lasciano le penne.
Queste cose persino un Calenda le ha comprese (e le dice). Per non parlar di Renzi (che le tiene per sé, e non le dice).
Chi invece come sempre si illude di aver capito tutto, nella smisurata e arrogante stima che ha di se stesso, è il piddì. Che ancora è convinto di potersi inserire nel malato rapporto tra l'Elevato e i suoi adoratori senza rimediare schiaffi dall'uno come dagli altri. Furibondo il primo nel vedersi sottrarre le sue prede, iracondi i secondi: defraudati del massimo piacere d'esser ancora ed ancora vaffanfizzati dal loro unico vero padrone.
Intanto, mentre gli animali in cortile starnazzano, fortunatamente il governo va per la sua strada.
È quando il gioco si fa duro, che gli arbitri cominciano a giocare.
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