Stupisce che un uomo di legge fresco di cariche istituzionali, pur di compiacere i propri adepti si lanci in spericolate pretese che la sua attuale collocazione né consente, né prevede.
A quale titolo un segretario di partito come Conte può chiedere al presidente del Consiglio di «venire a riferire in Parlamento»?
In primis si indignerebbe la lingua italiana. Perché «venire», anziché «andare»?
Se Conte facesse in qualche modo parte del Parlamento potrebbe forse chiedere ad altri di «venirci». Ma Conte col Parlamento non ha davvero niente a che vedere, e tanto meno col Governo. Non è che il segretario di un partito politico: una libera associazione che la nostra Costituzione equipara a una qualsiasi associazione di diritto privato. Nulla di più per intenderci, del Juventus Official Fan Club, o del Fronte di Liberazione Nani da Giardino. Se non qualche gradino più sotto.
Con queste premesse, tutto quel che Conte può eventualmente chiedere al presidente del Consiglio è di «andare» a riferire in Parlamento (perché «venire»?), ma con la medesima autorità che compete a qualsiasi abitante del vostro pianeta.
Conte lo ha fatto. Come auspicabile e necessario, il presidente del Consiglio, in più alte faccende affaccendato, non ha perso un attimo per riportarlo sulla terra, ignorandolo.
Se c'è un merito che la Storia dovrà riconoscere a Draghi, è quello di essersi in ogni modo speso per marcare una linea netta tra istituzioni e politica. La politica si fa ovunque, nei bar come nei partiti, in rete come in televisione, ma NON è titolata ad esercitare alcun potere, se non quello di elaborare proposte ed idee. L'esercizio del potere è invece competenza costituzionalmente esclusiva delle istituzioni, nello specifico del Parlamento, del Governo e della Magistratura, che incarnano i tre poteri dello Stato.
Conte, per avere in passato fatto parte di tali istituzioni, ha forse confuso l'omonimo titolo nobiliare con il proprio cognome. Il primo gli consentirebbe non soltanto di conservare il proprio potere a vita, ma di trasmetterlo ai propri discendenti. Il secondo gli serve giusto per firmare qualche documento che, istituzionalmente parlando, vale quanto un foglio di giornale del giorno prima.
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