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Fermi alla meta

Quando un gruppo di passeggeri costringe il pullman su cui viaggia a fermarsi e invita l’autista a scendere, le ragioni non possono esser che due: 1) l’autista, vuoi per manifesta incapacità, vuoi per aver bevuto o assunto altre sostanze, non è più in grado di condurre il pesante mezzo; 2) il pullman è diretto verso una destinazione differente da quella che i viaggiatori ribelli preferirebbero invece raggiungere. 

Parlando del pullman Italia, costretto a fermarsi per via dell’ammutinamento di un folto gruppo di passeggeri saliti a bordo con biglietto scontato, ai quali se ne son presto aggiunti altri usi a viaggiare senza neppure pagarlo, nessuno potrebbe onestamente accusare l’autista Draghi di non saper guidare: sia per la lunga esperienza, sia perché il mezzo viaggiava comunque spedito e sicuro verso la sua meta. 

Non resta dunque che la seconda possibile spiegazione: la destinazione verso cui il pullman Italia era diretto non riscontrava il gradimento di una parte dei passeggeri. 

Ora, col veicolo fermo e a soli cinque giorni dall’indicazione di un nuovo autista, a nessuno è ancora dato sapere per quale altra strada gli ammutinati intendano avviarsi. E, soprattutto, perché. Senza tacer del fatto che quel pullman non viaggiava solo ma in carovana con altri ventisei mezzi, per nulla intenzionati a modificare il loro percorso.

Ora, si può comprendere la ragazzaglia che stava a bordo praticamente gratis, in vena di far cagnara e scroccare anche la merenda all’autogrill. Ma che di ciò abbiano approfittato altri più anziani e scafati passeggeri, non tutti col biglietto in tasca, non aiuta a trovare un’esauriente risposta all’iniziale domanda: perché fermare il pullman? Per andar dove?

Non certo per il piacere di mettersi alla guida, verrebbe da dire, visto che mai come in questo momento la strada comincia a farsi tortuosa e più d’una nuvola si addensa all’orizzonte. Neppure è certo che i dirottatori avessero un’idea precisa del nuovo percorso da intraprendere. Forse volevano solo evitare, fuggendone impauriti, un tragitto che minacciava di diventare più serio e impegnativo non solo per l’autista, ma anche per chi stava a bordo.

Una sola cosa è certa: fra cinque giorni quel pullman dovrà rimettersi in marcia. Verso dove e con quale uomo (o donna) al volante, non potranno deciderlo altri se non i passeggeri momentaneamente appiedati. 

Poche sono le opzioni. Rimettere alla guida l’autista appena cacciato pare impossibile. Riprendere il percorso iniziale invece lo è. Abbandonare la carovana per avviarsi solitari verso strade sconosciute ha indubbiamente il fascino dell’avventura, ma di questa ne comporta anche i pericoli. Affidarsi al carisma di chi urla più forte può apparire tranquillizzante come può esserlo per un bimbo impaurito rifugiarsi tra le braccia del papà, salvo poi tardivamente scoprire che quel tale il vero padre non era. 

È tempo di decidere. E la scelta stavolta non è tra destre o sinistre, tra conservatori e rivoluzionari, tra baciapile e senzadio, tra vecchi e giovani, tra antichi e moderni, tra ignoranti e sapienti, tra antipatici e simpatici, ma tra chi vorrebbe riprendere la sempre più impervia strada che pur ci mantiene all’interno dell’Occidente e chi preferirebbe invece allontanarsene, inseguendo un nuovo sol dell’avvenire che ha stavolta gli occhi a mandorla del Grande Impero e le zanne affilate del lupo della steppa.   

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