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Un voto in pagella

 

«Per un’Europa libera e unita», quel Manifesto di Ventotene tornato agli onori della cronaca grazie ai denigratori travisamenti di chi non l’ha mai letto, ci regala tra le tante un geniale intuizione: mai così attuale, oggi che l’attacco congiunto da parte trumputiniana ha bruscamente riavviato il tormentato processo di unificazione europea.

Non c’è più spazio, sostiene il Manifesto, per una divisione fra «destra» e «sinistra»: la vera discriminante passa oggi tra europeisti ed antieuropeisti, tra nazionalisti ed eurofederalisti, tra progressisti e regressisti. Tra chi guarda avanti e chi continua a guardare indietro.

Così in quel vicinissimo 1941: 

«La linea di divisione fra i partiti progressisti e i partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta, quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale [...] e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido Stato internazionale».

Se una luce federalista è tornata a risplendere, ed una nuova contrapposizione avanti-indietro ha sostituito l’obsoleta dislocazione destra-sinistra, quanto mai urgente sorge la necessità di una ridefinizione in tal senso di quelle forze politiche che in Italia sostengono (in poche) o contrastano (in molte) la spinta unitaria verso un’Europa Federale. 

Rivediamoli insieme, con tanto di voto in pagella.


Fratelli d’Italia

Voto: 3

Dopo l’iniziale piede in due staffe (il sinistro in Europa ed il destro oltreoceano) la zampa trumpiana di Giorgia Meloni pare oggi aver decisamente preso il sopravvento. 

Più interessato ad un’Europa pronta a piegarsi ai voleri dell’Italia, piuttosto che ad un’Italia pronta a riconoscersi nell’unità dell’Europa, FdI si conferma un partito tanto timidamente europeista quanto ferocemente antifederalista. 


Partito Democratico

Voto: 5

Privo di un programma esplicito e condiviso, trafitto da opposte opinioni in materia di Europa, il piddì prudentemente traccheggia. 

Da tempo non è più né partito (è un movimento) né democratico (privilegia le minoranze a scapito delle maggioranze). Il non prender posizione gli consente di esprimere ogni possibile posizione, in accordo col vento che tira: ora federalista, ora antifederalista. Con una più che percettibile predisposizione verso quell’ultima. 


Movimento 5 Stelle

Voto: 2

Ferocemente antifederalista e moderatamente atieuropeista, si oppone a qualsiasi evoluzione in tal senso. Tollera l’Unione, ma osteggia con fermezza ogni proposta di federazione. Ama i pascoli ristretti e conduce ogni battaglia preferibilmente al proprio interno. Giusto per esser sicuro di vincerla. 


Forza Italia

Voto: 6

Spinto dalle mire imprenditoriali dei suoi storici finanziatori (citati nel simbolo del partito e consci dei vantaggi di un mercato aperto e integrato) guarda con buon occhio alle opportunità legate alla nascita di uno Stato Federale Europeo. Reca nel marchio la dicitura «Partito Popolare Europeo» ma esita a dichiararsi apertamente eurofederalista, forse per non incrinare l’unità della debole alleanza con la quale governa.  


Lega

Voto: 0

Non soltanto si tratta di un partito dichiaratamente antifederalista, ma anche fondamentalmente antieuropeista. Nel suo recentissimo passato persino regionalista e antinazionalista. 

Predica da sempre l’uscita dell’Italia dall’Unione e solo da qualche anno ha cessato di predicare l’abbandono dell’Eurozona, auspicando un (suicida) ritorno alla vecchia Lira.  


Alleanza Verdi e Sinistra

Voto: 2

Antiprogressisti per definizione, sostenitori della Natura contro la Cultura i primi, internazionalpopulisti i secondi, disconosciuti tanto dagli ambientalisti che dalle sinistre europee, non hanno mai manifestato alcun interesse per l’Unione e ancor meno per una possibile Federazione, più volte osteggiata in Parlamento come nelle piazze.     


Azione

Voto: 7

Europeista quanto basta per sostenere ogni iniziativa dell’Unione, in lizza col motto «Siamo Europei» ma non ancora dichiaratamente eurofederalista, il partito di Calenda porta avanti l’ossimoro del voler conquistare il popolo moderato facendo uso di un linguaggio dai toni ben poco moderati, pronti a scivolare talvolta nel turpiloquio. Un po’ come quel tatuato in maglietta e jeans stracciati che amava lodare (a parole) l’eleganza della giacca e della cravatta. 

 

Italia Viva

Voto: 8

L’essersi candidati col motto «Stati Uniti d’Europa» ha fatto di Italia Viva il solo ed unico partito dichiaratamente eurofederalista in Parlamento, ma un così alto pensiero non ha ancora trovato nel partito una figura che possa adeguatamente incarnarne l’idea.

Compromessa da tempo l’immagine personale di Renzi, sarebbe opportuno affiancare al segretario uno staff di riconosciuto prestigio che ponga con decisione l’unificazione europea al centro dell’agenda.  


Più Europa

Voto: 7

L’accattivante denominazione non è più così chiara come un tempo: «più Europa» nel senso di un’Unione maggiormente presente nella politica dei singoli Stati o «più Europa» nel senso di un’Europa più forte e possente, in grado di farsi essa stessa Stato? Non è una precisazione da poco. Chiarirla, aggiungerebbe forse qualche voto. 


Noi Moderati

Voto: 6

Col sottotitolo «Popolari per l’Europa», il piccolo partito (plurale se non altro nel nome) si dichiara «Per un’Italia popolare ed europeista», dove l’aggettivo «europeista» resta tuttavia ambiguo: per l’Unione Europea o per uno Stato Federale Europeo?

È il non-detto della quasi totalità delle forze politiche in Italia, incapaci di dialogare sia tra di loro che al proprio interno. 

Nel caso del piccolo partito di Maurizio Lupi  pesano inoltre i doveri di convivenza all’interno della maggioranza di governo.  


Partito Che Non C’è

Voto: 10

Primo assoluto con oltre il 50% di preferenze nelle scorse elezioni europee (2024), il Partito Che Non C’è è una formazione politica al momento inesistente, di orientamento moderato e fortemente eurofederalista. Si batte per la nascita di una Quarta Europa, parallela e non alternativa all’Unione Europea, che raccolga in un primo momento quegli Stati disposti a cedere parte della loro sovranità per costituirsi in uno Stato Federale Europeo, con confini territoriali condivisi, una moneta unica, poteri legislativi, esecutivi e giudiziari in materia di politica economica, politica estera, difesa, istruzione, sanità. Membro della NATO in luogo e in rappresentanza di quegli Stati nazionali in esso federati. Che crei sicurezza, benessere, sviluppo e ricchezza in misura tale da risultare attrattivo per tutti quegli Stati – dell’Unione Europea e non, dell’Eurozona e non, dell’Area Schengen e non – che liberamente chiedano di farne parte. 

Questo partito, come la stessa denominazione lascia intuire, ancora non c’è. 

Ma i voti – desiderosi di abbandonare la maggioritaria lista delle astensioni per trasferirsi in gran numero sulle schede del nuovo partito – quelli invece ci sono. 

Eccome!  


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