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Pacifisti si nasce, pacifici si diventa.

Si nasce pacifisti. Ed in pace si rimane finché si è circondati da un papà, da una mamma o, meglio ancora, da una tata nerboruta o da un paio di fratelli più grandi. 

Poi si va all’asilo, quindi a scuola, dove basta un ragazzotto qualche centimetro più alto perché con parolacce, spintoni e minacce la tua pace se la porti via. Te la rubi da sotto il naso.

Che potrà mai fare, un bimbo pacifista, in un luogo dove né la famiglia, né la tata, sono lì per proteggerlo? E gli altri bambini non son tenuti a farlo?

Occorrerà riprendersela da sé, quella pace rubata. E si comincia col far ginnastica, col rinforzare i muscoli. E magari studiare judo o karate. Cercando di diventare «poco appetibile». 

Eh sì! Perché il pesce più grande (vigliacco per natura) mangia solo i pesci più piccoli. E il pesce piccolo non ha davanti a sé che tre opzioni: 1) nuotare più veloce del pesce grande (opzione prendi e scappa); 2) muoversi in branco (opzione mi vendo a un padrone o a un partito); 3) mi rendo inappetibile: a) o perché così piccolo e magro da non poter neppur esser considerato un possibile bottino; b) o perché troppo duro per qualsiasi dente; 

Scartata la prima opzione, difficilmente praticabile la seconda, non resta che il punto 3. La prima scelta (3a: opzione scarrafone) è difficilmente praticabile nell’Italia del terzo millennio, dove il 99% della popolazione sa leggere e scrivere, mangia tutti i giorni, ha il bagno in casa e persino l’automobile (quattro irraggiungibili sogni, nei lontani anni Cinquanta). Tutte le nazioni europee sono oggi un appetibilissimo bottino.

Non resta che la seconda possibilità (3b: opzione Superman): cercar di diventare – o quanto meno mostrarsi – assai più robusti dei denti dell’avversario. 

In una parola: armarsi. 

Di coraggio, di capacità di resistere, di certezza d’essere nel giusto. Onde evitare che qualcuno ci rubi la pace. E qualora ci riuscisse, possedere la forza necessaria per riprendersela. 

Nel caso dell’Italia o della Germania, la parola esatta non è neppure «armarsi», bensì «riarmarsi». Perché nel 1947 quei due Paesi furono giustappunto «disarmati» dai Trattati di pace di Parigi: la Germania totalmente, l’Italia di ogni arma in grado di colpire oltreconfine. 

Quelle due nazioni, futura spina dorsale (insieme alla Francia) della nascente Unione Europea, non hanno con quei trattati riconquistato alcuna pace. Più semplicemente, avendo perso in battaglia i rispettivi genitori  (mamma Hitler e papà Benito) son stati adottati da una ricca e generosa famiglia che li ha resi non «pacifici», ma «pacifisti»: bimbi nuovamente in fasce sotto l’ala protettiva di nonna NATO. 

Oggi quei bimbi son cresciuti, e i genitori adottivi, passati dal riempir di latte il biberon a pagargli la discoteca e il pieno della macchina, mostrano d’essersi stancati. Mentre cominciano ad accusare anch’essi i malanni della vecchiaia, e Stati più giovani (l’India, la Cina) o appena venuti al mondo (l’Africa) sempre più minacciosamente rumoreggiano contro di loro. 

È tempo che gli Stati europei diventino adulti. E conquistino quella pace che fino ad oggi è stata loro regalata. 

Le possibili opzioni restano le tre poc’anzi elencate: scappare, unirsi, rafforzarsi. 

L’Unione Europea ha iniziato a muoversi nella giusta direzione. Esclusa ogni fuga, tenta di unire e rafforzare il branco, riarmandolo e coinvolgendo un Regno Unito sfacciatamente aggredito in Canada. 

Dove «riarmarsi» non significa soltanto fabbricare cannoni e fucili (gli artigli della tigre), ma anche costruire rifugi e difese costiere (il guscio della tartaruga). E render solide e inattaccabili le reti satellitari e terrestri. Un missile non serve a nulla, se non è in grado di ricevere dall’etere le esatte coordinate del bersaglio. E se gli USA dovessero spegnere la rete GPS, non resterebbe che il nostro sistema GNNS Galileo, che dovrà diventare altrettanto esteso e preciso.

* * * * *

Certo. Esistono anche quei bambini che han la fortuna di nascere grossi e forti, ma buoni: un po’ come il Garrone di De Amicis, armato dalla natura sin dalla nascita. 

È il caso della Svizzera, che deve sette secoli di pace alla particolare conformazione geografica: un territorio montuoso di fatto inattaccabile da terra, dal cielo o dal mare. Con una rete di grotte e gallerie tanto estesa da poter offrire rifugio all’intera popolazione, persino nel caso di un attacco nucleare. Tanto da potersi permettere di non far parte né dell’Unione Europea, né della NATO. E proprio perciò promossa a cassaforte del mondo: il luogo più sicuro dove custodire le proprie ricchezze. 

Eppure, nonostante tale sovrabbondanza di naturali difese e la secolare professione di pace, ogni cittadino svizzero maschio è tenuto a prestare il servizio militare o un servizio civile sostitutivo. Le ragazze su base volontaria. 

Prevenire è meglio che combattere, così come è certamente meglio vivere in pace che non in guerra, in salute che non in malattia, in ricchezza che non in miseria. 

Proprio per ciò, con la medesima energia con la quale si affronta il male che toglie la salute, o il tracollo finanziario che sottrae tranquillità e benessere, occorre combattere contro chiunque minacciosamente ci dichiari la propria inimicizia.

Chiunque ami realmente la pace, ritenendola un bene superiore alla salute del corpo e assai più importante del denaro, dev’essere in ogni momento pronto a difenderla con ancor maggior forza ed energia di quante non ne impiegherebbe nell’affrontare e sconfiggere la povertà o la malattia. 

Le sole possibili alternative sono la fuga (avendone la forza e la velocità) o la resa. Soluzione, quest’ultima, che alcuni preferiscono scegliere con largo anticipo, vendendosi al nemico prima ancora che la battaglia abbia inizio. 

Li attende la pace degli schiavi: un tozzo di pane secco per ogni sissignore; cento colpi di frusta per ogni nossignore.      

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