Passa ai contenuti principali

Se non costa, non piace

Cresce il prezzo del gas, e con esso il costo di quei prodotti che del gas non possono fare a meno. Come il vetro, che ha l'abitudine di fondere a temperature comprese tra 1550° e 1700°, difficili da raggiungere con le pale eoliche o i pannelli solari, buoni forse per ricaricare il telefonino, ma non certo per far marciare l'industria.

L'immediata conseguenza è stata ovunque l'aumento del prezzo dei contenitori di vetro. 

Tra i prodotti che fanno uso di bottiglie, damigiane, boccette, provette e ampolle, quelli più costosi (profumeria, oli, medicinali, alcolici di pregio) non hanno avuto difficoltà ad assorbire gli aumenti, applicando impercettibili maggiorazioni percentuali al prezzo finale.

Diverso è stato invece l'impatto sulle poche superstiti acque minerali in vetro, il cui prezzo al consumo è cresciuto fino al 20%, tanto che diversi punti vendita, grande distribuzione inclusa, le hanno di fatto eliminate dagli scaffali.

Inutile chiedersi che fare. Perché una risposta già esiste: nulla di più di quel che già è stato fatto in 38 Paesi nel mondo. Ma non in Italia. 

E questo sarebbe il momento più propizio per farlo. 

Parliamo dell'istituzione del vuoto a rendere. Nobile pratica che, oltre a favorire il riciclo di un materiale prezioso ripulirebbe a costo zero le strade dai pericolosi resti dei tanti botellon parties a base di birra e superalcolici, nel corso dei quali tutto ciò che può esser tracannato scompare lungo l'esofago, mentre quel ch'ebbe l'onore di contenerlo finisce spaccato sui marciapiedi. 

Il vuoto a rendere, esteso anche ai contenitori di plastica e alle lattine, non solo rappresenta una meritata punizione per chi ha il pessimo vizio di gettar via le bottiglie, ma è anche la giusta ricompensa per chi invece civilmente le raccoglie. Se è vero che una bottiglietta restituita, vetro o PET che sia, può fruttare in Germania fino a 25c al pezzo. 40 bottigliette: 10€. 

Cosa impedisce dunque all'Italia di allinearsi agli USA, all'Australia, a quegli altri Stati europei dove tale pratica è da tempo in uso?

A voler pensar male, una sola cosa. Una soltanto. Si tratterebbe di un provvedimento a costo zero. E in Italia una legge che non costa assolutamente nulla non ha alcun motivo per essere emanata. Qualcuno da quelle norme dovrà pur guadagnarci: chi elargisce il servizio o chi ne gode. O entrambi. Se invece a guadagnarci non sono gli individui, ma la comunità, quella legge non s'ha da fare.

Eppure l'Italia è stata in qualche modo un'antesignana del vuoto a rendere. Non perché imposto da alcuna specifica norma, ma solo perché negli anni Sessanta non esistevano ancora le bottiglie di polietilene tereftalato (PET) e il costo del vetro incideva anche allora non poco sul prezzo al consumo. La successiva diffusione dei contenitori di plastica, preferiti della grande distribuzione perché più leggeri, infrangibili e meglio movimentabili, ha fatto sì che la pratica del vuoto a rendere cadesse pian piano in disuso. Ma il gusto dell'acqua, soprattutto se effervescente, nella plastica non è più lo stesso, così come è un'eresia solo e soltanto americana quella della birra in lattina, e una vergogna tutta italiana quella del vino in cartone. 

Perché dunque non cogliere quei vantaggi che persino ogni crisi economica porta ben nascosti dentro di sé per riproporre anche in Italia i molteplici vantaggi del vuoto a rendere? 

   

  

     

Commenti

  1. Non ci crederai ...ma in Trentino ...Acqua Levico lo fa

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Elogio del «Non ancora!»

Se solo gli umani sapessero quanto tutto quel che più li preoccupa appaia più chiaro, visto da quassù!  C'è voluta qualche decina di migliaia di anni prima che i terrestri accettassero l'idea che la Terra fosse tonda (e molti ne restano ancora da convincere). A noi, da quassù, è sufficiente affacciare il naso  fuori  dalla nuvola per osservare il pianeta ruotare maestoso nel cielo.  Allo stesso modo ci stupiamo nel vedere i suoi abitanti consumare in sterili diatribe buona parte delle loro altrimenti fortunate esistenze.  Ed è buffo che spetti a noi, che vivi più non siamo, insegnare come vivere ai viventi!  Non meravigliatevi dunque se tra i nostri compiti vi è anche quello di elargire di tanto in tanto qualche angelico consiglio.  Il suggerimento di oggi è che gli umani aboliscano definitivamente l'uso del SÌ e del NO. Causa prima e perniciosissima di gran parte dei loro mali.  Dicono i Romani (queli de Roma, no' queli de Caligola): «Con un SÌ ti impicci, con un NO ti

La Quarta Europa

Mentre dalle frontiere ucraine i venti di guerra bussano prepotentemente alle porte, l’Unione Europea – o, per meglio dire, alcuni degli Stati membri, in particolare la Francia – avvertono l’urgenza di rafforzare la difesa europea, più che dimezzata dopo la Brexit e frantumata in 27 eserciti che non comunicano tra di loro. Uno solo dei quali (quello francese) dotato di armamenti moderni e basi all’estero, ed altri – come in Italia e in Germania – ancora limitati dai trattati di pace del 1947. A voler parlar sinceramente, una vera Difesa Europea non esiste. Esistono eserciti nazionali, mal coordinati ed in diversa misura armati. Forse capaci di distinguersi in circoscritte missioni di pace o di ordine pubblico, ma non certo in grado di rispondere in modo efficace alle crescenti minacce di una o più grandi potenze nucleari.  Come di fatto in questi giorni avviene.  Esiste una NATO, certo: un’alleanza difensiva sovraeuropea mostratasi in grado di proteggere il continente per un tempo fin

Dieci sconfinate menzogne

1) Le frontiere fra nazioni non hanno più alcuna ragione di esistere. Chi davvero lo pensa, dovrebbe per coerenza lasciare aperto di notte il portone di casa.  Quel che fa di un edificio un’abitazione son proprio le presenze umane che lì ci vivono, e il portone di casa è il limite che segna il confine tra il mondo di dentro (tendenzialmente amico) e il mondo di fuori (tendenzialmente nemico).  Starsene in casa propria non significa però autocondannarsi agli arresti domiciliari. Il portone lo si apre più d’una volta: per accogliere le persone gradite che vengono a farci visita, ma anche chi lo varca per ragioni di lavoro, dal portalettere all’idraulico. Talvolta anche per il mendicante che bussa alla porta in cerca di qualche elemosina.  Resta però ben chiuso di fronte a chi pretende di entrarvi di nascosto e con la forza. Peggio ancora se nottetempo, dal balcone o dalle finestre.  C’è un campanello. Suonarlo significa chiedere il permesso di entrare. Concederlo o meno, resta una prerog