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Il motore del Duemila (e trentacinque)

«Il motore del Duemila / sarà bello e lucente / sarà veloce e silenzioso / sarà un motore delicato / avrà lo scarico calibrato / e un odore che non inquina / lo potrà respirare / un bambino o una bambina».

Il sogno di Lucio Dalla, musicato nel 1976 nell'album «Automobili», su testi di Lucio Roversi, è presto destinato a diventare realtà, grazie al pacchetto normativo «Fit for 55»: il nuovo regolamento UE sulle emissioni di CO2 che suona la campana a morto per auto e furgoni con alimentazione diesel e benzina. La quale, a partire dal 2035, resterà un privilegio solo per grandi camion, gru, autobus, trattori ed escavatrici.

Per ogni sogno che si realizza, tuttavia, altri con esso scompaiono. Come il mito dei grandi viaggi, resi impossibili dall'auto elettrica, costretta com'è a lunghe soste per abbeverarsi. Addio alle lunghe tirate da Brindisi a Stoccolma, da Salt Lake a Las Vegas, dal Cairo a Marsa Alam. Serviranno nuovi treni, magari l'Hyperloop, e nuovi aerei che di elettrico avranno tutt'al più la radio. A meno che nei prossimi tredici anni l'umanità non riesca ad escogitare qualcosa di veramente alternativo, magari con l'idrogeno, o con l'atomo, o con chissà che altro.

Sarà un mondo migliore? 

Le negatività non si limitano ai viaggi non-stop. Si potrà morire perché l'ambulanza ha le batterie scariche. Molti son deceduti, durante gli incendi del 2017 in Napa Valley, California, perché l'auto senza carica non ha consentito loro la fuga, o è stata raggiunta dalle fiamme mentre stava incolonnata (scarica) per strada. I 3kw di un impianto elettrico casalingo non saranno sufficienti per ricaricare l'auto (o «le» auto), e raddoppiare o triplicare la capacità avrà dirette conseguenze sulla bolletta. Trainare una roulotte richiederà grandi potenze e, dal punto di vista ambientale, il rischio è che le nuove centrali destinate a produrre tanta nuova energia non eliminino affatto le emissioni di CO2, ma semplicemente le spostino dalla città alle campagne, consolidando i privilegi di chi vive nei grandi centri urbani a scapito di chi abita invece in periferia.

Le positività non sono d'altra parte trascurabili. Aria più pulita e città più silenziose. Traffico limitato (se non altro) dagli ineludibili tempi di ricarica. Meno autocisterne per le strade e forte incentivo all'uso dei mezzi pubblici (laddove essi esistono).

Cambieranno molte abitudini. Difficile far la spesa in bicicletta o in monopattino. E se alla fine si sarà costretti a farsela mandare a casa, perché non ordinarla sempre da casa? Qualche supermercato chiuderà. Molti piccoli negozi lo hanno già fatto.

Scompariranno (per la gioia di molti) quei deboli d'udito che hanno installato la discoteca in auto e la chiamano «autoradio», obbligati a scegliere se giocarsi le batterie per dieci minuti di musica o utilizzarle per duecento km di strada. E difficilmente gli orfani del ciclomotore riusciranno a impennare col monopattino al semaforo. 

Sarà festa per gli autogrill, dove caffè veloce e capatina in bagno diventeranno doccia e sauna con colazione gourmet, o cameretta per la pennica, in attesa che la batteria si ricarichi.

Nascerà un mercato vintage delle vecchie auto con motore a scoppio: il divieto di fabbricarle non impedirà infatti di utilizzarle, finché ruggine non le stenda al suolo. Ma i divieti di circolazione già oggi in vigore per i mezzi più inquinanti saranno probabilmente estesi, e il carburante lo si dovrà acquistare in bottiglieria o in farmacia.   

Ma se è vero che non c'è rosa senza spine, è anche vero che non c'è spina senza rose. Perché dunque la valanga di spine (elettriche) che ci attende non dovrebbe portar con sé una quantità altrettanto sterminata di rose?

Il futuro, che nella mente tendenzialmente nostalgica degli umani appare sempre peggiore del passato, nella realtà si è invece sempre rivelato migliore. E chissà che la silenziosa auto di domani non finisca col rappresentare un bel passo avanti, rispetto agli spetazzanti trabiccoli che ci hanno sin qui accompagnato.   

 

      

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